sanscrito vedico

il verbo - presente



311. Sistema del presente. Generalità. — Il sistema del presente si divide naturalmente in due grandi gruppi: i presenti atematici, dove il radicale (puro o seguito da un affisso) si attacca direttamente alle desinenze; i presenti tematici, dove interviene la vocale “tematica” a (ā alle prime persone, tranne alla 1ª sg. attivo secondario dove la desinenza -am ha fatto cadere la vocale tematica).

Le due serie si differenziano dapprima per alcune desinenze: -dhi (-hi) alla 2ª sg. dell’imperativo attivo atematico: desinenza zero (allungabile, 109 b) all’imperativo tematico, come al V. sg. dei nomi tematici (ma c’è traccia anche di una desinenza zero in una delle formazioni atematiche 319 fin.); alla 3ª pl. attivo secondario, c’è -ur che raddoppia -an (o, secondo le formazioni, unico attestato) nelle formazioni atematiche, -an nelle altre. Infine il participio medio è distinto 309. Altre particolarità riguardano l’ottativo; l’affisso modale è yā́ / ī 303 nei sistemi atematici; in ī nei tematici, che, con la vocale a (ā), porta al timbro e: vista la necessità di mantenere questo timbro in tutto il paradigma, le forme dove la desinenza inizia con una vocale o consiste in una vocale inseriscono un -y-: da cui 1ª sg. attivo in -eyam, 3ª pl. in -eijur, 1ª sg. medio in -eya (desinenza -a 308, che è in relazione alla desinenza di 3ª sg. comune in -ta nello stesso rapporto di 1ª sg. -e a 3ª -te).

Ma le particolarità più significative riguardano gli affissi formativi: la serie atematica conosce affissi alternanti a base nasale, no/nu, nā/nī, na/n “infix”. Nella serie tematica, esistono anche affissi, ma in parte secondari e comunque senza interesse morfologico, poiché non comportano alcuna alternanza: sono (con la vocale tematica) -nva- - na- (anche -n- “infix”), così come -ya- -cha- e alcuni altri più o meno isolati. Da entrambe le parti si ha, oltre al tipo radicale puro, un tipo a raddoppio (senza affisso).

Sulla ripartizione delle forme piene nella serie alternante (sing. dell’indicativo attivo, 3ª sg. dell’imperativo attivo, congiuntivo in entrambe le voci), v. 301.

Nessuna differenza di valore è percepibile tra le due categorie di presenti presi in blocco. D’altronde i tipi tematici risultano per una certa parte da allargamenti a partire dalla flessione atematica: è lì, come nei nomi (e più che nei nomi), la tendenza principale che si coglie nell’evoluzione preistorica e storica all’interno dei mantra. Il passaggio è stato facilitato dal carattere ambiguo della 3ª pl. -anti (che gioca lo stesso ruolo dell’Ac. sg. -am nei nomi); eventualmente dalla presenza del congiuntivo in -at(i), in parte interpretabile come indicativo (eventuale) tematizzato. Capita che, in uno stesso paradigma, alcune forme siano atematiche, altre tematiche: cfr. bhárti di BHṚ- di fronte a bhárāmi bháranti, ecc. (anche, del resto, bhárati-), varti 18 di VṚT- di fronte a vártate; sáścati 3ª pl. di SAC- di fronte a saścasi e analoghe; hanati e śayate (semi-) congiuntivi di HAN- e ŚĪ- di fronte a hánti śáye. Particolarmente equivoci sono dā́ti dhā́ti di DĀ-DHĀ-, pṛṇā́t (pṛṇánti) di PṜ-.

312. Presenti radicali. — Il tipo elementare di presenti è quello illustrato dalla radice I-: 1ª sg. dell’indicativo attivo émi / 1ª pl. imás(i) (3ª pl. yánti 32 a, ma bruvé di BRŪ- 33 d). L’alternanza è stretta nella maggior parte dei verbi che, sia per tradizione sia per la natura stessa del loro vocalismo, sono suscettibili di alternare. Il grado ridotto porta alla caduta di a davanti a s in smas e analoghi di AS- 1 (20); la compressione di va in u in uśmási 24 di VAŚ- (su śmasi, v. 40); di an in a o n (secondo 21 31) in hathá e ghnánti (gh secondo 66) di HAN- di fronte a hán-ti 3ª sg. (imperativo jahí, v. 50; la forma isolata handhī́ TA. IV 27 sembra artificiale).

Tuttavia, diverse radici che teoricamente potrebbero alternare, che di fatto comportano forme ridotte fuori dal presente, mantengono qui il vocalismo pieno: così alcune radici in -ā- finale 22 b o -ā- interno: śāsmahe di ŚĀS- di fronte al tema nominale āśís-, o ancora śáye e analoghi di ŚĪ- di fronte al nome-radice °śī -. Il verbo rimane al di sotto della mobilità del derivato nominale.

Il grado è lungo (-au-) nelle forme forti dell’indicativo (congiuntivo incluso) delle radici terminate in -u-, es. astaut di STU- (Libro X): questo vocalismo è, è vero, raramente attestato nella RS. e può risultare dall’influenza dell’aoristo radicale. D’altra parte, le forme come śróṣi di ŚRU che sembrano sfuggirvi non sono presenti, cfr. 316. Grado lungo, altresì, in mārjmi (AS. mārṣṭu) di MṚJ, radice che, anche fuori dal presente, non comprende forme in -ăr-.

L’i delle radici “dissillabiche” è al suo posto probabile nelle forme piene ániti di AN-, śvásiti di ŚVAS- e (con un allungamento derivato dalle finali d’aoristo in -īs -īt in ábravīt — da cui brávīti — di BRŪ- e alcuni altri.

  1. Da qui, per estensione, le finali -ihi e -iṣva alla 2ª sg. dell’imperativo: anihi VS. śvasihí AS. e (per radici che normalmente non comprendono l’elemento -i-) vásiṣva di VAS- 2 ī́ḍiṣva di ĪḌ- (cfr. tuttavia così īḍitá-) così come (con -ī-) śamīṣva VS. di ŚAM-, gṛhīṣva KS. V 8 in var. di gṛhṇīṣva.

  2. Le forme citate (così come ábravīta[na] 2ª pl. di BRŪ-) possono essere teoricamente considerate come progressi del grado pieno a scapito del grado ridotto. Questo progresso è sensibile in diverse altre forme d’imperativo “debole”, così come in edhi di AS-1, spiegabile è vero per ragioni di struttura 27; in stota di STU-, éta di I- e altri; in śādhi 72 di ŚĀS-, si deve tenere conto della generalizzazione del grado pieno; a maggior ragione in śéṣe 2ª sg. medio di ŚĪ- (e analoghi dello stesso verbo), dove questa generalizzazione coincide con l’assenza di voce attiva. Fuori dell’imperativo, non si hanno che nethá (presente?) di NĪ-, stávāna- di STU- (da stávate) e yodhāná- di YUDH-.

    Sul vocalismo -an- di hanmasi di HAN- (da hanyā́t AS. e hanvas), v. 35 n. 3; cfr. ancora, nella stessa radice, l’imperativo hantana (di fronte a hathá), comparabile al nome-radice °hán-hántama- 216).

313. Il tono radicale proprio delle forme piene si accredita ovunque dove la vocale ha l’aspetto del “guṇa”, così in śéṣe o éta citati (ma non in nethá!); inoltre, diverse forme medie di verbi senza alternanza conservano il tono radicale, come ī́ṣṭe di ĪS- e ā́ste di ĀS-.

Ossitonesi anormale alle 3ª pl. rihaté di RIH-, duhaté di DUH-. Fluttuazione accentuale al participio medio, dove il radicale porta il tono non solo nelle forme a vocalismo pieno o indifferente, śā́sāna- AS. TS. di ŚĀS-, vásāna- di VAS- 2 (come vaste), ma anche in diverse basi “ridotte”: da cui i doppioni vidāna- e vidāná- di VID- 1, duhāná- e dúhāna- (anche dúghāna-) di DUH-: possibile influenza dell’aoristo radicale.

Quanto ai contatti di consonante, comportano le seguenti modificazioni: semplificazione di geminata āsva e analoghi 18; di gruppo consonantico caste 51 (71) [ma cfr. 317 n. 1]; assordimento di occlusiva sonora átti 46; indebolimento di nasale háṃsi 66; cerebrizzazione della desinenza ī́ṭṭe 60 mṛḍ(ḍ)hvám 55 (61); alterazione di h réḍhi di RIH- secondo 56 ádhok di DUH- secondo 47 e 99; di kṣ cáṣṭste (citato) tāḍhi 57 (61); di palatale vakṣi 59.

314. La desinenza della 3ª pl. dell’imperfetto attivo è normalmente -an; -ur appare solo in rare forme ambigue tra le categorie di imperfetto e aoristo: duhúr di DUH- deve essere in relazione con la 3ª sg. duhé, v. di seguito.

Alla 3ª sg. medio (serie primaria), alcuni verbi hanno una desinenza -e come al perfetto: duhé di DUH-. Questo fatto va di pari passo con la 3ª pl. duhré (duhrate Libro I), la 3ª pl. imperativo duhrā́m e duhratām AS., la 3ª pl. imperfetto aduhra MS.; ci si aspetta aduha, corrispondentemente, alla 3ª sg. (serie secondaria) — attestato di fatto MS. e prob. MB. 1 8 8 — ma l’anomalia è stata in generale mascherata da un allargamento in aduhat. Allo stesso modo 3ª sg. śáye di ŚĪ-, con 3ª pl. imperfetto áśeran e, per normalizzazione, 3ª sg áśayat (da cui: pseudo-presente indicativo śayate). Allo stesso modo ancora 3ª sg. huvé di HŪ-.

  1. L’ingiuntivo 3ª sg. īśata di ĪŚ- è anch’esso un rifacimento di un antico īśa (la forma tematica 3ª sg. īśate appare solo nel Libro X). È possibile, ma non certo, che la spiegazione di questi fatti (che sono certamente sopravvivenze) sia da ricercare in un’influenza proveniente dal perfetto medio.
  2. Caratteristica doppia del congiuntivo (vocalismo -ā-) in áyās AS. di I- (incerto), āsātai paipp. I 15 1 di AS- e alcune altre forme post-ṛgvediche.
  3. Sull’alternanza -dhi /-hi all’imperativo, v. 58: praticamente, -dhi dopo consonante (anche secondariamente caduta come in edhi tāḍhi citati), -hi dopo vocale; la frequenza di vocale breve davanti a -hi ha portato a vihi di VĪ- come doppione di vīhi.
  4. Partecipe śā́sat- 248, che va di pari passo con la 3ª pl. dell’imperativo attivo senza nasale śāsatu TS.

315. Forma frequente e breve, il presente di AS- 1 ha ricevuto le insolite finali 2ª e 3ª sg. imperfetto in -īs -īt, per analogia con le finali dell’aoristo sigmatico 345 (e cfr. ábravīt sopra); la forma antica ās (= ās-t) è conservata in tre passaggi del Libro X, in iato davanti a vocale. Su edhi, v. sopra 312 e 27 72.

Anomalie isolate: vidátha AS. (vocalismo!) se si tratta davvero di un congiuntivo (VID- 1); ī́mahe di I-, pseudo-intensivo, in realtà 2ª pl. a valore solenne (da cui l’allungamento); duhīyát (antico duhīya?) [d’où 3ª pl. duhīyán] di DUH- sembra avere mirato a fornire un valore medio di fronte all’attivo corretto duhyā́t (duhyúr). Infine aitát AS. (passaggio corrotto) sviluppa ait 3ª sg. imperfetto corretto di I- (pdp. ait e cfr. nelle vicinanze aitam).

Come nei nomi-radice, il passaggio verso le forme tematiche ha trovato nei presenti radicali il suo terreno privilegiato. Ne abbiamo notato sopra 311 n. l’origine generale e delle origini particolari. Tra le forme interessanti, citiamo ancora, di fronte alla flessione stabile éti/ imás di I- le poche forme semi-congiuntive ayati e analoghe e persino adhī́yati (X). Casi di trasferimento isolato sono idhaté di I(N)DH-, dóhate (X) di DUH-, árudat AS. di RUD- (da RS. rudanti), ā́dat (X) di AD-, per evitare una forma difficile ād(-t). Al participio, uṣámāna- (uśánti equivoco) di VAŚ-, uṣámāṇa- di VAS- 2, ecc. Su kṛthás, ecc., v. 320.

316. Esiste (nelle parti più antiche della RS., preferibilmente) una serie di finali alla 2ª sg. in -si con valore di imperativo, formate in gran parte su temi che non comprendono un presente radicale; potrebbero aver eliminato questo presente se è esistito. Si tratta probabilmente di una formazione autonoma, dove una vecchia desinenza -s potrebbe essere stata prolungata da un i “deittico”. Esempi: śróṣi 312, jóṣi 59 (74), dhákṣi e sakṣi 47, cakṣi 59, ecc.; non ci sono forme attestate nelle parti autonome dell’AS.

Sul passaggio da -si a -sa, v. 329.

Non meno singolari sono le forme (più rare) in -se, traducibili come 1ª persona (sg.) ortative; la più chiara è stuṣé di STU- (forme correlate in -īṣe 322, -ase 329): possibile origine infinitiva, cfr. 422.

317. Presenti (radicali) raddoppiati. — Questa classe, che comprende circa cinquanta formazioni, si caratterizza per il raddoppio. Questo raddoppio ha generalmente un vocalismo in i (che cede a u se il vocalismo radicale è u): i domina non solo quando il vocalismo radicale è in ī̆, ma anche quando è in (ar) (tranne vavarti = vavartti [18] di VṚT-, secondo il perfetto vavárta) o in ā (mímāti di MĀ- 2) o anche in a (+ consonante) (síṣakti di SAC-; isolatamente bibhasti Kap. XLVIII 13 ms.). Il raddoppio lungo in ádīdet di DĪ- potrebbe derivare dal perfetto. Ma il raddoppio a si è fissato in diverse radici a timbro ā̆, specialmente in quelle dove la vocale viene eliminata nelle forme deboli: dadāti di DĀ-, sáścati 20 79 come raro doppione di síṣakti, ecc.

Le alternanze radicali sono del tipo usuale ar/ṛ, o/u, ecc. Le radici in -ā- finale si comportano diversamente: la soluzione ā/i (22) non appare da nessuna parte, tranne, per abbreviazione secondaria di ī in i in jahimas AS. di HĀ- (cfr. jihīté): è vero che i cadeva davanti a vocale 40 e che, davanti a consonante, si bilanciava in ī, come in jihīte sopra o mimītas, ecc. di MĀ- 1. Infine DĀ- e DHĀ- non presentano nelle forme deboli, nemmeno davanti a consonante, alcuna traccia di vocale: si ha quindi 3ª sg. dádāti di fronte a 1ª pl. dadmas AS., 3ª sg. medio datté (dhatté di DHĀ- 49) come 3ª pl. dadati dádhate o (davanti all’affisso dell’ottativo, cfr. 40) jahyur AS. e jahyāt ŚĀ. di HĀ-.

  1. Si ha (se la forma appartiene bene a questa coniugazione) 3ª sg. medio cáṣṭe, partendo eventualmente da ca-kś-te (rad. KĀŚ-) 57 71.
  2. Si ha il mantenimento del tema forte, in 3ª du. dádātas AS. e, come altrove, in alcune 2ª pl. dell’imperativo attivo, come juhótana di HU- (j secondo 52); inoltre, forse autenticamente, alla 3ª pl. dell’imperfetto attivo, ájuhavur (unica forma chiara che presenta questo “guṇa”, che potrebbe essere interpretata nello stesso modo del passaggio da u a av nella derivazione secondaria 214). Estensione del tema debole: vivijmi paipp. XX 361.

318. La desinenza della 3ª pl. attiva è in -ati (in concorrenza con il suffisso del participio attivo che è in -at- 248). La 3ª pl. dell’imperfetto attivo è in -ur (probabile influenza del perfetto), tranne abibhran di BHṚ- (X) che può benissimo essere basato su una tematizzazione isolata. All’imperativo, strettamente secondo il 58, si ha -dhi dopo consonante, -hi dopo vocale: si notino le forme dehí daddhí dhehí di DĀ- DHĀ- 27 72.

Le alterazioni fonetiche sono analoghe a quelle della classe precedente: riduzione di geminata vavarti (citato prima) secondo il 18; trattamento di una palatale interna vavákṣi di VAŚ- secondo il 53 59; di una palatale finale ávivyak di VYAC- secondo il 99 (103); di una sibilante cerebrale vivekṣi 59 e (á)vives 99 viviḍḍhi (di VIṢ- anch’essa) secondo il 55; alterazioni conseguenti alla cancellazione di una a interna bapsati 47 (20) jakṣat- ivi.

  1. La forma del raddoppio dipende dal 50 52, ecc.; iyarti 32.
  2. Anomalie varie: dīdāyat AS. (congiuntivo; pdp. -ayat) di DĪ-; vivakvā́n (participio N. m. sg., tema di presente e suffisso di perfetto) di VAC-; sisarṣi di SṚ- è in realtà un imperativo in -si come le forme sotto il 316. Diverse forme sono rifatte su temi di perfetto: dādhrati YV. di DHṚ- partendo da dādhāra; jā́grati AS. (già participio jā́grat- Libro X) di (jā)GṚ-; probabilmente anche bibhyat- bibhīyāt partendo da bibhāya di BHI-: non solo il raddoppio era comune da entrambe le parti, ma alcune forme come la 4ª sg. dade dadhe di DĀ- DHĀ- potevano essere interpretate in entrambi i sensi; forse esiste anche una 3ª sg. di presente dadhé, fatta come duhé, ecc. 314?

Il tono è generalmente sul raddoppio nelle forme forti, tranne in juhóti e alcune altre (e cfr. bibhárti nei manoscritti dell’AS.), così come alle 3ª pl. dell’attivo (anche in júhvati) e probabilmente anche del medio (dove le forme attestate con accento sono rare): ciò è in relazione con la singolarità della finale. Le altre forme deboli hanno naturalmente il tono desinenziale; aberrante dhátse di DHĀ-; fluttuazione all’ottativo dádhīta e dadhītá; al participio (dove anche il tono rimane su entrambe le voci sulla sillaba iniziale), pipāná- a fianco di pípāna- AS.

La tematizzazione è ben marcata in questo gruppo di verbi, sia che fin dall’inizio della tradizione il paradigma atematico sia scomparso (tíṣṭhati 327), sia che le due serie di forme coesistano in proporzioni variabili: si hanno così le forme isolate bíbhramāṇa- (X; e abibhran citato prima) di alcuni temi in saśca- di SAīC-, una 3ª sg. bapsati di BHAS- (accanto alla stessa forma come 3ª pl.), ecc.

  1. Ampliamento in -ay- in suṣváyanta (di SŪ-)?
  2. Esistono alcune finali tematiche in DĀ- DHĀ-, anche nella RS. antica, ma la posizione del tono in dádante dádamāna- (e il senso) lascia supporre che si parta da una falsa radice dad- con il senso di “tenere, osservare”.
  3. Tentativi isolati di presenti raddoppiati: ninīthas (I) di NĪ-, (vi)pipāná-, ecc.

Il valore dei presenti raddoppiati è (debolmente) intensivo; le forme a raddoppio in -i- tendono ad essere usate come transitivi, eventualmente come fattitivi. La voce media è relativamente rara.

319. Presenti con -nó- / -nu-. — I presenti con nasale sono preferibilmente transitivi (eventualmente causativi o fattitivi), specialmente laddove sono in competizione con presenti tematici: cfr. 426. I temi con affisso -nó- / -nu- comprendono circa trenta presenti.

Si può ancora percepire, senza ricorrere a fatti preistorici, che l’affisso è -n-, e che l’-u- è un antico elemento di ampliamento, che si ritrova in uno stato indipendente 320 e che è rivelato da una forma come śṛṇóti di fronte alla radice ŚRU- (verbale śrutá-, ecc.).

L’alternanza è costante, tranne casi isolati come sunóta(na) accanto a sunuta (sunutana è naturalmente evitato per ragioni ritmiche) di SU- (caso conosciuto dell’imperativo 2ª pl.: mai altrove). L’alternanza tonica è altrettanto regolare, tranne che il tipo sunóta mantiene il tono sulla sillaba piena. C’è esitazione, alla 3ª pl. del medio, tra -áte e -até.

Il radicale, che è fissato al grado ridotto, tende ad abbreviarsi là dove una vocale lunga dovrebbe terminarlo, come in kṣinómi AS.YV. di KṢĪ-; solo dhūnoti di DHŪ- mantiene la vocale lunga. Sul doppio in ūrṇoti (imperfetto 3ª sg. aúrṇot) di vṛṇóti, v. 37 76.

Le radici sono terminate più spesso da una vocale; notevole è il gruppo di radici in -an- (grado ridotto -a), tipo tanóti di TAN-.

All’interno dell’affisso -nu-, l’elemento vocalico cade davanti alle desinenze in m- (kṛṇmahe di KṚ-, manmahe di MAN- nella RS.; alcuni altri esempi successivamente) per evitare una successione di brevi: l’origine è la caduta semi-fonetica di -u- in presenza di una desinenza in v- (per imitazione degli scambi normali v/uv 34): kṛṇmahe viene quindi da kṛṇvas kṛṇvahe, per caso non attestati (kṛṇvas paipp. V 4 10 è incerto: KS. legge kṛṇmas, Kh. kulmas 67). Può aver agito anche il gruppo delle finali in -v-até, -v-atām, ecc.

La finale dell’imperativo 2ª sg. attivo è ovunque -hi, tranne śṛṇudhi 58. Ma una desinenza zero, dovuta probabilmente all’analogia dei sistemi tematici (e al desiderio di evitare una serie di brevi) si afferma in diverse forme a radicale terminato da una breve, così śṛṇu (accanto a śṛṇudhí śṛṇuhí); inoltre in ūrṇu, semplice inversione di vṛṇu e in dhūnu AS.

  1. Anomalie: si incontrano, per influenza del perfetto, una 2ª sg. medio śṛṇviṣé di ŚRU-, una 3ª sg. śṛṇvé (senza dentale, come duhé 314), 3ª pl. śṛṇviré; allo stesso modo tanvire paipp. XVI 66 5, invire su hinvire protetto da 3ª sg. hinvé di HI-; il senso passivo proprio ad alcune di queste forme sostiene l’interpretazione tramite il perfetto. Vocalismo doppio (-ā-) del congiuntivo in alcune forme atharvaniche, kṛṇavāt di KṚ-; congiuntivo a grado ridotto, kṛṇvaite (3ª du.) ṛdhnuvat Kap. XXXV 1.
  2. Evoluzioni fonetiche: aśnuvanti di AŚ- 1 secondo 33 d (ma ūrṇvánt- ivi), di fronte a śṛṇvánti di ŚRU-.

320. La tematizzazione si svolge sulla base del tema debole, come è normale nei temi con affisso: invati frequente, accanto a inóti di I(NV)-; in jínvati, altrettanto frequente, di JI(NV-), jinóṣi sopravvive come hapax; non attestato kṛṇváti “fare del male” dei Nigh. Si noti il trasferimento di accento nei temi ínva-jínva- (pínva-/pinvāná-).

Forma della 3ª sg. (?) vánanvati; possibile tematizzazione di un tema vanano-/vananu- (con -an- secondo 35)?

I presenti in -no- hanno subìto un’altra evoluzione, meno prevedibile: accanto a kṛṇóti (molto frequente), la radice KṚ- ha un imperativo 2ª sg. kuru (due es. già nel Libro X, 4 AS.) (cfr. 36), che può essere considerato un compromesso tra kṛṇu e kū̆rdhi atteso (come esempio di presente radicale) dalla 1ª pl. kurmas (X): a meno che kurmas stesso non sia stato fabbricato (visto il -ŭ-) sull’imitazione di sunmas e analoghi, attestando così indirettamente una base kuru- già fissata. Le rare altre sopravvivenze di presente radicale sono in kṛ-, come è normale (kṛthás kṛtha, prob. kṛśé e — oscillante tra presente e aoristo — kṛdhí).

In ogni caso, l’AS. conosce un tema alternante karó-/ kuru- che si diffonde nei mantra tardivi (con il congiuntivo a affisso lungo karavāt AS.). Tuttavia, l’antico tema kṛṇó-/ kṛṇu- rimane più frequente, almeno nell’AS., e sembra essere più ieratico (karó-/kuru- dà l’impressione di essere popolare, eventualmente dialettale).

Su kuru- si è formato tarute (hapax X) di TṜ- (senza controparte tṛṇo-, ma con un ottativo turyā́ma identico a [post-mantrico] kuryā́t) (taru- in base di derivazione 192); un varoti (da karóti) di VṚ-1 è postulabile dai derivati in varu- ivi e supportato comunque da vṛṇoti; un d(a)bhoti per spiegare ádbhuta- di fronte al tema usuale dabhnoti (cfr. 20), ecc.

321. Presenti con -nā́-/ -nī-. — Circa quaranta presenti (proprietari soprattutto delle radici dette “dissillabiche”) comprendono, con il radicale al grado ridotto, un affisso -nā- alternante, con -nī- (ī sostituito a i per aggiustamento ritmico 22). Come in precedenza, si può mostrare qua e là che si tratta di un affisso -n- seguito da un allargamento -ā-: così pṛṇā́ti confrontato con l’aoristo áprāt (aprās) di PR(Ā)-: cfr. qui sotto le tracce di una base senza nasale, all’interno stesso del sistema del presente e l’-ā- del tipo 330. Il -ī- delle forme deboli (come il i 40) scompare davanti alle desinenze vocaliche, 3ª pl. gṛbhṇánti di GṚBH-.

Alternanze normali, tranne estensioni isolate della forma debole in minīt AS. di MĪ- (influenza degli aoristi in -īt, cfr. vadhīt contiguo) jānīt paipp. XVI 67 6; della forma forte in diverse finali in -āhí AS. YV. così come in punā́ta 2ª pl. d’imperativo, accanto a punītá(na). di PŪ-.

Una vocale lunga che termina la radice si abbrevia, minā́ti di MĪ-; da notare krīṇāti di KRĪ- e alcuni altri (drūṇāti Nigh.), la metrica invita a restituire la breve al radicale. Infine jānāti (di JÑĀ-) è rispetto al tema jñā- ciò che pṛṇā́ti sopra è al tema prā-, o ancora jinā́ti al tema jyā-. Le radici con nasale interna o finale sono relativamente numerose in tutto questo gruppo di presenti.

Tono irregolare in jā́nāt Kh. e, come altrove, alla 3ª pl. -áte/-até. Altre anomalie: jānītha per jānīta VSK. ad XVIII 59, di JÑĀ-; participio ibrido jānúṣas (G. sg.) su jānatás + jajñúṣas. Il pseudo-participio ā́pnāna- è prob. un derivato secondario (“che permette di raggiungere”).

322. L’imperativo alla 2ª sg. è in -īhi dopo vocale (gṛbhṇīhi AS. da gṛṇīhi); dopo consonante si è creato un inedito finale in -āná-, attaccato direttamente alla radice, tipo aśāna di AŚ- 2 e gṛhāṇa (X) di GṚ(B)H- (cfr. 58), uniche forme conosciute della RS. (due altre compaiono nell’AS.). Si tratta in realtà di una particella -na (la stessa che nelle desinenze -tana -thana 308) attaccata all’allargamento -ā- del radicale (cfr. 321). La tematizzazione è abbastanza frequente in questa serie; è ottenuta semplicemente abbreviando l’ā affissale: così pṛṇáti di PṜ- (facilitato dal pl. misto pṛṇánti), accanto a pṛṇā́ti; mṛṇáti frequente accanto a mṛṇīhi (hapax nella RS.); isolatamente, gṛṇanta di GṜ- 1, minat di MĪ- da 3ª pl. minan.

Fluttuazioni tra la serie nā́ / nī e la serie nó / nu: kṛṇātu (“fare”) paipp. I 88 3; al contrario, stṛṇóśi (isolato, Libro I) di fronte a stṛṇā́ti di STṜ- e cfr. kṣiṇómi AS. di fronte a kṣiṇā́mi di KṢĪ-. La forma gṛṇīṣé (“io voglio cantare”) è dello stesso tipo di stuṣé 316, e probabilmente rifatta proprio su stuṣé.

323. Presenti con -*ná-/ -n-*. — Questi presenti, noti per l’inserzione di una nasale (‘nasale infixé’), includono apparentemente un elemento -na- alternante con -n-, inserito tra la vocale e la consonante finale del radicale (il radicale termina necessariamente con una consonante: occlusiva o sibilante): così bhanákti / bhaṅkte di BHAÑJ-. La formazione interessa una trentina di verbi, molti dei quali hanno una nasale nelle forme esterne al presente (AÑJ- HIṂS- INDH-), che questa nasale derivi o meno dal tema del presente.

L’alternanza è normale, tranne, come al solito, alcune forme piene alla 2ª pl. dell’imperativo attivo, yunákta di YUJ-. Come altrove, c’è una fluttuazione tonica tra -áte e -até alla 3ª pl. dell’indicativo medio, e tono radicale in alcune forme deboli che sono state percepite come basi indipendenti, come híṃste AS. (e già híṃsanti RS.); índhāna- (participio) di INDH-, in reazione all’aoristo idhāná-, híṃsāna- come híṃste, ecc.

Imperativo 2ª sg. in -dhi; vocalismo doppio al congiuntivo in tṛṇáhān AS. di TṚH-; 3ª sg. medio in -e (come duhé 314) in vṛñjé di VṚJ- (1 142 5: senso passivo).

Alterazioni fonetiche della consonante finale e eventualmente dell’iniziale desinenziale in contatto: semplificazione di geminate rundhé 18; di gruppo consonantico aṅté AS. (ma aṅkté RS.) di AÑJ- secondo 68 (66); trattamento delle aspirate run(d)dhām AS. di RUDH- secondo 49 (gṛṇatti? ivi), tṛṇéḍhu 27; trattamento di - pináṣṭi e piṇák 63 65 99; di palatale vrnàksi di VRJ- secondo 53 prnajmi 6 (prnaymi T). Su hinàsti, v. 63; su dtpiat, 103. La finale di 2ª sg. imperfetto attivo è normalizzata in ábhanas 103.

La formazione è attestata a volte in modo isolato: si hanno così i participi tundāná- AS. di TUD-, śúmbhāna- (tono!) di ŚUBH- di fronte a indicativi di altri tipi; allo stesso modo imperfetto unap di UBH-, ṛṇák Kh. p. 118. Le tematizzazioni sono isolate: 2ª pl. umbhata AS. di UBH-, participio áhiṃsantī- (X): il tratto notevole è che i numerosi presenti tematici con infisso 326 n. non hanno precursori attestati nella serie atematica.

324. Presenti tematici. — Hanno un unico modo di flessione, qualunque sia l’aspetto del radicale; la presenza della vocale tematica (-a / -ā-) blocca ogni alternanza. Per le caratteristiche generali della formazione, vedi 311; ricordiamo ancora che tutte le 3ª persona pl. sono in -ant-, e che il congiuntivo confonde in -ā- la vocale tematica e la vocale modale.

Le desinenze dissillabiche -tana -thana sono molto rare, -masi invece è comparativamente frequente. Non c’è nessuna forma sicura o anche solo probabile di 3ª sg. medio in -e. Sulla distribuzione nel congiuntivo, vedi 307; sulle finali 2ª e 3ª du. medio 308.

La flessione è molto lineare. Si noti che l’imperfetto attivo 1ª sg. (e il congiuntivo correlativo) utilizzano la finale -am, che la 1ª sg. medio corrispondente in -e è rarissima (atiṣṭhe AS. di STHĀ-), cfr. 308 n. 4.

Le anomalie desinenziali sono molto poche. Il doppio indice -ā- del congiuntivo passa occasionalmente all’imperativo (cui le connessioni con il congiuntivo sono note): sṛjātu paipp. II 13 1 XII 5 1 muñcātu MB. I 2 4 variante con -āti.

Hapax yájadhva (101 132 n. 1) di YAJ-, davanti a vocale.

La formazione si è progressivamente arricchita di tipi derivati da una tematizzazione più o meno avanzata a partire dalle diverse basi atematiche, come visto sopra 311 n. e passim: tuttavia, molte formazioni, specialmente quelle a vocalismo pieno, sono irriducibili a qualsiasi spiegazione basata su un tipo senza vocale tematica.

325. La categoria di gran lunga più massiccia (circa 300 temi verbali) è quella che pone la radice, con tono radicale, al grado pieno, o almeno senza riduzione di grado: tipo jáyati di -JI-, bhávati di BHŪ-, krī́ḍati di KRĪḌ-. Nelle numerose radici a vocale non mobile, come l’ultima citata, solo il tono indica l’appartenenza a questa categoria.

Si deve considerare l’allungamento in gū́hati di GUH- (davanti a h!) come un sostituto del grado pieno; allo stesso modo probabilmente in ūhati di UH- (ŪH-), accanto a óhate (altra accezione): su ápīṣan (sicuramente imperfetto) e analoghi, vedi 42. L’allungamento di krā́mati di KRAM- (ma al medio: kramate e anche isolatamente all’attivo: krámāma), quello di kṣā́mat, AS., sono di natura completamente diversa: probabilmente di origine ritmica come il perfetto cakrāma. Sul vocalismo di dháyati, vedi 21.

  1. I presenti trasferiti del tipo -/-nu, es. pínvati 320, sono da classificare qui a causa del tono. Allo stesso modo alcuni presenti in -vati come tū́rvati di fronte a TVAR-, jū́rvati di JVAR- (con accezioni autonome), dhū́rvati di fronte a DHVṚ-, dove la combinazione -ūrv- (ū a causa di 37) si è sviluppata, come si vede, partendo dal gruppo -vṛ-. Al contrario, il tema svapa-, sebbene formato su un grado pieno, ha il tono sulla vocale tematica nel participio, svapánt- (di fronte a svápantu AS.), che può comunque essere in relazione con l’hapax “tematico” sváptu AS. Al tema indicativo (equivoco sul grado) vánati di VAN-, sánati di SAN- si oppone un ottativo a tono affissale: vanéma sanéma; allo stesso modo gaméma di fronte a gámati (indicativo?) di GAM-: si può ragionevolmente vedere la traccia di una antica indipendenza dell’ottativo. Cfr. 341 fin.
  2. Anomalie: vanta di VAN-, eventualmente 3ª pl. per vananta (77); dáśati (tono radicale!) di DAṂŚ- e svájati (id.) di SVAÑJ-.

326. Un numero relativamente limitato di presenti comprende il grado ridotto, con il tono sulla vocale tematica: tipo tudáti di TUD-. Questo gruppo fornisce, preferibilmente, forme con valore puntuale (tárati “egli passa”, tiráti “egli raggiunge attraversando”): inoltre, usi di “eventuali”, debolmente modali. È possibile che l’intera categoria o, almeno, le forme dell’indicativo presente si siano formate secondariamente, utilizzando sia antiche basi di aoristo, sia (più probabilmente) temi nominali in -a- a grado ridotto, che abbondano accanto ai presenti del tipo tudáti.

Il grado ridotto dà il vocalismo i u ṛ, eventualmente a (come residuo di -an-); i e u alla fine del radicale evolvono in iy uv secondo 32 (syati di SĀ-/SI- va letto siyati; allo stesso modo ádyas di DĀ-/DI- e alcune altre forme, che la risoluzione -iy- dissuade dall’unire ai presenti con affisso -ya-). Infine un - finale porta a ir (kirati di KṚ-) o a ur (sphurati di SPHṚ-) secondo 36.

Il tono sulla vocale tematica consente di associare a questi presenti due gruppi distinti:

a) un gruppo con nasale “inserita” (“infixé”), che risponde (cfr. 323 fin.) ai presenti in -NA-/ -N-; es. kṛntáti di KṚT-. Il tipo può teoricamente derivare dalle 3ª persone pl. ambigue in -anti, muñcanti di MUC- è comune a un munakti e alla forma tematizzata muñcáti. In realtà, c’è più spesso coesistenza tra il presente in -n- e il presente in -nā-, sia śrathnāti di ŚRANTH- di fronte a śṛnthati TS.; o doppioni tra forme con o senza infix, come śóbhate/ śumbháti (dove, inoltre, śúmbhāna- deriva da un śu-na-bh-ti) / śúmbhate (tono radicale!);

b) un gruppo con affisso -ch(a)-: si tratta prima di ṛháti di Ṛ-, poi di alcuni verbi dove una sibilante finale del radicale si confonde con l’affisso, icháti (in realtà iccháti 57 f) di IṢ- 1, pṛcháti di PṚŚ- (pṛch-), ucháti di VAS- 1; infine di tre altre forme a finale vocalica come ṛcháti, ma dove un tono radicale si è introdotto, probabilmente per analogia di forme vicine: gáchati di GAM-, yáchali di YAM-, yúchati di YU- 2.

Cfr. anche °vyacha- VS. “che tormenta”, implicando un presente vyachati (radice vi- AS-* 2?).

Valore intensivo-iterativo.

327. Infine, la classe raddoppiata 317 ha alcuni corrispondenti tematici, che in generale non mostrano tracce di forme atematiche concorrenti: si tratta di tíṣṭhati (inizia con t secondo 70) di STHĀ-; sī́dati 63 73 di SAD-; píbati di PĀ- 1 (con b radicale! Il p radicale è conservato solo in pipāná- / pipāna- 318); probabilmente śikṣate (“lasciarsi istruire”) se, come sembra, il tema è per śi-śs-a-te, di ŚĀS-. Si noti la posizione del tono.

Ma in sáścati di SAC- (raddoppio in -a-!), ci sono alcune forme atematiche parallele 317; ādideśati (“minacciare a parole”) deve risultare da un congiuntivo; vāvṛdhásva e analoghi (tono sull’affisso!), dal perfetto medio vāvṛdhé, cfr. 336.

328. Presenti con -ya-. — Nei presenti in -ya- (-y- non risolvibile!), il radicale è anch’esso al grado ridotto; tuttavia il tono poggia sul radicale. In totale, circa 70 temi verbali.

Il grado ridotto porta alle soluzioni attese in -īr- (-ūr-) per un finale secondo 37, come jūryati (atonico; jīryati AS., cfr. 26) di JṜ- e alcuni altri; un -ā- finale è immobile (trā́yate di TRĀ-) tranne, apparentemente, in alcuni temi che davanti alla desinenza terminano in -aya- e che è meglio unire a quelli di 330 fin.; c’è allungamento di -a- in śrā́myati (atonico) di ŚRAM- e in jā́yate (23) di JAN-, dove l’aboutissement -ā- o -ām- rappresenta un grado ridotto secondo 23; al contrario, il -an- delle radici non “dissillabiche” si mantiene secondo 35: mányate di MAN-; su śimyati, vedi 24.

Il valore è in parte nettamente intransitivo: come kṣī́yate “sparire” di fronte a kṣiṇāti “far sparire”; rī́yate di RĪ- di fronte a riṇā́ti (ĭ secondo 321); múcyate / muñcáti di MUC-. In relazione a questo valore, si nota l’importanza relativa delle desinenze medie.

329. Altri presenti. — Non esiste un presente organico in sa-, né in s- atematico. Ma c’è l’inizio di un tale presente in una o l’altra forma isolata, come táruṣate “voler vincere”, allargamento (semi-desiderativo?) di tarute 320, piuttosto che denominativo derivato da tárus-. Allo stesso modo vanuṣanta (var. di vani°) (X) di VAN- di fronte a vanute, apsanta (I) (“voltarsi verso”?) di fronte a ĀP-, dhī́ṣamāṇa- (X) di DHĪ- (in relazione a dhiyasāná- formato secondo 309 n. fin.), śróṣamāṇa- di ŚRU- (cfr. śruṣṭí- 192) e più liberamente BHŪṢ- sviluppando, alla maniera di un pseudo-causativo, BHŪ- con il senso originario di “mettere a disposizione, aiutare”.

  1. In rāsate (tono?) di RĀ- (3ª sg. secondaria árāsata), in dā́sati (di DĀ-?) si può invocare l’influenza dell’aoristo sigmatico e più particolarmente del congiuntivo medio di detto aoristo. Quanto alle forme di imperativo neṣa AS. di NĪ- (anche neṣati, ecc.), parṣa (I) di PṜ- (anche párṣat, ecc.), sono normalizzazioni a partire da néṣi párṣi, 316.
  2. Le forme oscure arcase di ṚC-, ṛñjase di ṚJ- e alcune altre, a probabile valore di ortativo 1ª sg., sono sullo stesso piano di stuṣé 316 e tributarie della stessa spiegazione.

330. Esistono circa quindici temi di presente in -āyá- con radicale ridotto, che si presentano combinati in larga misura con presenti in -nā́-/ -nī-, come gṛbhāyáti / gṛbhnā́ti di (GṚBH-; stesso valore transitivo-fattitivo, e in fin dei conti, stessa formazione, se è confermato che l’elemento -ā- è identico a quello dell’affisso -nā́- 321. Alcune forme sono meno chiare e potrebbero essere state influenzate dai denominativi in -āyáti, altre come damāyáti possono rappresentare un adattamento di una finale in -ayati. Il tipo è antico: un solo esempio nuovo nell’AS., tudāyáti = tudáti.

Stabhūyáti è un doppione di stabhāyáti, radice STABH-, influenzato da post-mantrico stabhnoti.

Un’altra categoria meno coesa, meno definita, è quella di presenti (vagamente iterativi) in -áyati, tipo patáyati (“volare”) di PAT-, gṛbháyant- (“afferrando”) di GṚBH-, tujáyant- di TUJ-. È evidente che la formazione non ha nulla a che fare in origine con i causativi (cfr. pātáyati “far cadere”), ma che ha tenduto a fondersi in essi per scomparire precocemente. A volte la coincidenza semantica è piuttosto con il denominativo in -ayáti 359: come iṣáyant- “prendere forza” nel senso di iṣayánt-; vājáy- / vājay- 359.

Si dovranno classificare in questo gruppo i presenti derivati da radici con finale in -ā- abbreviato, come hváyati di HVĀ- (a breve anche nell’aoristo ahvat), vyayati di VYĀ- (a breve in ávyat) e alcuni altri, la cui base radicale nella sua forma elementare è comunque HŪ- VĪ-, ecc.

331. Una caratteristica fondamentale del sistema del presente è la possibilità che offre alla lingua di utilizzare simultaneamente due, tre (e a volte più) tipi di formazione per uno stesso verbo. Certamente questi presenti hanno una produttività molto variabile; possono derivare da incidenti, evoluzioni particolari, abbreviazioni ritmiche. Ma molti costituiscono doppioni stabili, come jíghnate / hánti e altri citati 303 o bhárati / bihhárti. Le divergenze di valore o di uso sono sensibili solo in una minoranza di casi.

Abbiamo visto sopra al 320 la coincidenza kṛṇóti / karóti, a cui si aggiunge l’abbozzo di un presente radicale in kṛ- (kur-) e un semi-eventuale in kára-. Nella radice HVĀ- (HŪ-) citata, il tema hváyati può essere considerato più popolare, huvá- (quasi ridotto a huvé huvéma) più ieratico; c’è accanto hūmáhe juhūmásí e háva- senza sfumature apprezzabili. Ogni tema ha in principio il suo insieme di formule che gli è proprio.






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