sanscrito vedico - Flessione del nome

Il pronome



III. - IL PRONOME

279. Generalità. — I pronomi hanno temi propri, mono- o bisillabici, con una finale preferibilmente tematica; in alcuni casi si osserva una variazione tra il N. (animato) e il resto della flessione. Le desinenze sono in parte specifiche (e lo sarebbero di più se alcune flessioni nominali, quella in -a- in particolare, non le avessero adottate).

Le desinenze zero, variamente mascherate, hanno un ruolo maggiore che nel nome, e la loro distribuzione secondo i casi non è sempre identica a quella del nome.

Il V. è inusitato, tranne in ásau VS. “oh Tal dei Tali!” con pl. ámī.

Non c’è un’alternanza tonica caratterizzata (tranne il caso speciale di ásya/asyá 286). Infine, le differenze di genere sono notate in modo incompleto.

  1. Nell’uso come parte anteriore, si trova sia il tema nudo (tváyata- “offerto da te”, eventualmente allungato, come in īdṛ́ś- 293), sia la desinenza di I. (tvā́datta- “dato da te” : RS. solo); qua e là appaiono altri casi, così il N. (composti in ahám° da Libro I), l’Ac. (tvā́ṃkāma- 180 māmpaśyá AS. “guardando me” sul tipo 173). Desinenze finali in -ad, con valore di Ab., figurano nel pronome personale (mátkṛta- “fatto da me”), ma con valore indifferenziato altrove (tad-vaśá- “desiderando ciò”). Dopo la RS. questo procedimento si estende, man mano che, sotto l’influenza del nt. tád yád, ecc., la finale -d cessa di essere percepita come Ab.; un caso estremo è idádvasu- AS. “ricco in questo” (lezione dubbia).
  2. Come membri posteriori, i pronomi non sono usati come tali. Esempi di āmreḍita (166) sono tváṃ-tvam X 96 5 “tu, incessantemente tu…” idám-idam “questo e quello, qui e là”: valore generalizzante o di ripetizione.

La derivazione pronominale è ricca, sia nelle forme flesse che in quelle avverbiali.

280. Pronomi personali: prima persona. — Non c’è differenza di genere in questi pronomi (tranne yuṣmā́s VS. Ac. pl., femminizzazione di yusmā́n che aveva l’aspetto di un m.). La differenza di numero si esprime tramite il tema (ci sono due, eventualmente tre temi), accessoriamente tramite le desinenze: queste sono in gran parte originali, con un doppio gioco: le forme normali, usate in tutta la flessione; le forme deboli (atone 88), di impiego enclitico, in alcuni casi fuori dal N. — Notare il parallelismo tra le prime due persone.

N. ahám; Ac. mā́m (anche dissillabico RS.) oppure (forma debole) ; I. máyā; D. máhyam (máhya 401), forma debole me; Ab. mát (mámat in un hy. isolato; derivato adverbiale con valore di Ab. mattás AS.); G. máma (semplice riduplicazione del tema nudo); L. máyi (I e X; VS. IV 22 per analogia del L. dei nomi in -a-). La forma me serve anche per il G., e eccezionalmente per l’Ac.; una tentativa di differenziazione ha prodotto un mat (atone) in due passaggi di AS.

Si noti la finale -am del N. e l’allargamento -ay- del tema (che spiega anche l’enclitica me), simile all’allargamento della finale tematica nei nomi in -a-.

Al duale, N. vā́m (un solo es.); Ac. nau (atono, serve anche per il D. e il G. per estensione secondaria); si cita infine un Ab. āvát TS. (le altre forme in āvá- sono post-mantriche).

Al pl., N. vayám (finale -am!). Gli altri casi si costruiscono su un tema asm(á)-, cioè, con adattamento parziale delle finali nominali, Ac. asmā́n I. asmā́bhis D. asmábhyam (da restaurare talvolta senza l’m finale), Ab. asmát G. asmā́kam (che è propriamente il nt. del derivato possessivo asmā́ka-; -m è comunque cancellato [davanti vocale, cf. 132 n. 1] in un passaggio del Libro I), L. asmā́su, ma una forma comune asmé (pragṛhya 122), con la stessa finale del sg., funziona nella RS. come D. G. L., sottolineando il carattere secondario della specializzazione casuale al pl.

Il tema debole è na-, che fornisce l’Ac. nas, funzionante anche come G. e D.

281. Seconda persona. — Al singolare, N. tvám (spesso dissillabico 34; si noti la finale -am), Ac. tvā́m (spesso dissillabico) e (atono) tvā; I. tváyā (anche dissillabico) come máyā (esiste anche nella RS. un I. tvā́, limitato a una formula e all’uso compositivo), D. túbhyam (consonante finale mobile, da eliminare talvolta metricamente 101), Ab. tvát (anche dissillabico; fatto come mát), G. táva (probabilmente una sorta di tema “pieno” senza desinenza), L. tváyi (post-ṛgvédico, fatto come máyi) e tvé (pragṛhya 122), di solito dissillabico, quasi limitato alla RS. La forma comune enclitica obliqua è te (D. G., eccezionalmente Ac. Ab.) — Cf. tó-to (G. sg. in āmreḍita) 4.

Al duale, il tema yuvá- è meglio attestato del corrispondente tema āvá- della prima persona: N. yuvám Ac. yuvā́m I. yuvá-bhyām (anche yuvā́°) Ab. yuvát (un solo esempio) G. yuváyos YV. (sostituisce yuvós RS.). Esiste anche una forma yuvākú con valore di G., derivata da yuvākú- 283. La forma comune enclitica (Ac. D. G.) è vām (una volta IV 41 2, davanti a un m-).

Al plurale, il tema è yu(ṣm)(á)-: N. yūyám Ac. yuṣmā́n (yuṣmā́s 280) I. yuṣmā́bhis YV., D. yuṣmábhyam Ab. yuṣmát G. yuxmā́kam (come asmā́kam, con -m finale cancellato in due passaggi davanti a vocale), L. yuṣmé (pragṛhya 122), funzionante anche come G. e D.; YV. crea yuṣmā́su. L’enclitica comune è vas (Ac. D. G., soprattutto in funzione di D. “etico”).

282. Altre forme del pronome personale e suoi derivati.

— Per la terza persona, l’unica forma propriamente “personale” è svá- (suvá-; flessione 292), che tuttavia funziona anche per la prima e seconda persona ed è in realtà un aggettivo possessivo con valore riflessivo 399. Si trova frequentemente come parte anteriore di un composto.

  1. Un derivato di svá- (con la finale dei N. ahám tvám) è il riflessivo sostantivo svayám “di sé stesso”, usato anche per le tre persone e senza distinzione di genere o caso.
  2. Sulla particella sīm, vedi 442.
  3. Si è creata un’abbozzo di forma concordante con svá- per la seconda persona: tvā́bhir ūtí “per il tuo aiuto” e probabilmente tvé cétasi AS. XI 10 2 “nella tua mente”.
  4. Un altro riflessivo, di origine nominale, è tanū́- “corpo” (es. tanvàm juṣasva III 1 1 “prendi piacere in te stesso!”), a volte associato a svá- e svayám.
  5. Eccezionalmente yús “ipse” VIII 18 13 (inoltre incerto).

Infine, dall’AS., funziona come sostantivo riflessivo (al sg., m.) la parola ātmán- “principio animato dell’individuo”; un doppione di significato debole è tmán (dopo vocale breve) che appare all’I. D. L. sg. e sembra formare un paradigma con tán- (il quale viene dopo vocale pesante o all’inizio secondo 39). L’Ac. di ātmán- è ātmā́nam, quello di tmán- è tmánam (hapax) 249.

Un compromesso isolato tra tmán- e svá- è smáne smā́nam MS. IV 8 7.

283. Gli Aggettivi Possessivi sono basati su un suffisso derivativo -k-: così le forme (ṛgvediche) asmā́ka- “nostro” yuṣmā́ka- “vostro” (mámaka- invece sembra contenere un -ka- “esplicativo”, mámakasya = máma); anche con vṛddhi, māmaká- (X) tāká- (tuo!); infine mā́kīna- e (basato su un infisso -āk- da un N. du. yuvau) yuvākú- “che appartiene a voi (due)”, da cui yuvākú (invariante) 281.

Altri tipi di derivati: mā́vant- tvā́vant-, ecc. “come me, come te”; yuvū̆yú- “che vi è devoto” (da un pseudo-denominale yuvayati); *madryàñc- “rivolto verso di me” (secondo il tipo descritto 195 fine), ecc.

La reciprocità è segnata da anyá- ( “altro”) ripetuto, il primo anyá- è fissato (quanto al genere) dall’AS.: (chán-dāmṣy) anyó anyásminn ádhy ā́rpitāni VIII 9 19 “i metri fissati l’uno sull’altro”.

284. Pronomi con differenza di genere. Generalità. — Questi pronomi sono più vicini ai nomi (in -a-), che, si è visto, hanno adottato diverse desinenze e alcuni aspetti della finale tematica dei pronomi. Tuttavia, alcune finali sono rimaste esclusivamente pronominali. Le variazioni tematiche sono limitate, i doppioni desinenziali rari. Molteplici sono gli usi avverbiali (congiunzioni, particelle, ecc.), in particolare ai casi diretti del nt. sg. Il femminile (tranne in ayám asaú che sono in molti aspetti fuori dalla norma) è in -ā-, mai in -ī-.

Ad eccezione di ayám asaú, i tratti generali sono i seguenti: N. Ac. nt. sg. in -d (tranne kím 290), N. pl. m. in -e. L’I. (sg.) non ha traccia della desinenza nominale arcaica in , ma solo -ena (allungabile abbastanza frequentemente in -enā secondo 109): tranne all’I. del pronome ena- che è enā (enā́) (haplologia?) e all’I. avverbiale anā́ (“così”), forme fisse. Questo lascia supporre che -ena fosse una finale pronominale pura.

I casi obliqui del sg. a partire dal D. hanno (al m.-nt.) un allargamento tematico in -sm(a)- (simile all’allargamento del pl. dei pronomi ahám e tvám), cioè un D. in -smai, Ab. -smāt (la forma non allargata sussiste in ā́t 387 e alcune altre forme adverbiali 442), L. -smin (dove il metro invita talvolta a restaurare -smi, davanti a consonante).

Al duale, delle finali attaccate in tema normale in -á- sono conservate in avós enos yós (quest’ultima nel Libro X), accanto alle forme normali táyos yáyos, ecc.

285. Al plurale, all’I. m. -nt., l’unica desinenza originariamente in uso era -ebhis, -ais appare dall’AS. e domina rapidamente, tranne nel pronome á- dove (per evitare il monosillabismo) l’I. ebhis è stato l’unico usato.

Il G. -eṣām (m.-nt.) è possibilmente costruito sul L. -eṣu, dove l’elemento -e- va di pari passo con il N. pl. in -e o le forme tematiche in -ay-. Al femminile, l’I. sg. utilizza solo la finale -ayā (tranne in tyā́, haplologia per tyáyā). L’allargamento in -sy- ai casi obliqui del sg. fa pendant all’allargamento -sm- del m.: porta alle finali D. -syai Ab. G. -syās L. -syām, che assomigliano alle finali -yai -yās -yām delle flessioni femminili dei nomi a vocale lunga. Infine, il G. pl. comprende l’inserimento di un -s- che può derivare dal L. -āsu.

Tutti questi pronomi sono tonici, tranne le forme con valore anaforico di á- 89 e alcune rare altre (ena- 286 tva- e sama- 291).

286. Ayám. — Questo pronome (deittico prossimo, “questo”) si basa su due temi, uno in á-, l’altro in í-, che possono presentarsi allargati.

á- domina nei casi obliqui, í- (con la forma piena e- ay-) nei casi diretti; da á- deriva aná-; da í- imá- e indirettamente ená-.

Il N. sg. (ayám al m., iyám al f., idám al nt.) ha la stessa terminazione nasale del pronome personale.

  1. Il carattere artificiale di -am è evidente nel nt., dove la finale autentica id è mantenuta come particella 437; cf. anche il composto idvatsará- YV. n. di un tipo di anno, e i derivati avverbiali idā́ itthā́, ecc.
  2. iyám eventualmente monosillabico 34 81.

Analogamente, l’Ac. m. imám si basa su *im (conservato come īm e ī come particella 442) e determina il f. imā́m, così come il tema imá- dei casi diretti del du. e del pl.; N. m. pl. imé (desinenza pronominale): isolatamente c’è anche un G. nt. sg. imásya (rifatto) e cf. l’avverbio imáthā.

L’I. (sg.) è enā́ al m., ayā́ al f. (entrambi quasi limitati alla RS. e in parte avverbiali): il D. m. asmaí, f. asyaí (allargamenti in -sm- -sy-); il G. asyá (come tasyá, ecc., degli altri pronomi). Al pl., I. ebhís ai m.-nt., ābhís al f.; il G. L. du. m. ayós è limitato alla RS. Esiste un allargamento in aná-, che fornisce l’I. f. anáyā (due es. Libro IX) e m. anéna (tre es.) e progredisce rapidamente a partire dall’AS. [si ha inoltre l’avverbio anā́].

Infine, dall’I. enā́ (o enā atono) è emerso un nuovo pronome, atono e anaforico, su base ena-, che progredisce nella RS. recente: Ac. sg. enam pl. enān, I. (raro) enena AS., Ac. du. m. enau AS., G. L. du. enayos AS. (RS. enos), Ac. sg. nt. enat AS. (fatto come tát yát); infine Ag. du. f. ene (I e X). Le forme accentuate sono rarissime: Ac. f. sg. enā́m, in un passaggio dove è probabile che si debba restaurare l’I. enā́ citato sopra; N. nt. pl. enā́ X 23 7 (non del tutto sicuro).

Dal punto di vista tonico, è notevole che si abbia, da una parte, un tono iniziale (enfatico), proprio delle forme asyá asmaí abhís, quando compaiono all’inizio del pāda: che, dall’altra parte, la maggior parte dei casi obliqui basati sul tema á- possano essere atoni secondo 89 e [ma non ayā́ayós].

287. Asaú. — La base flessionale di questo pronome (“quello”) è á-, ma di solito allargata in amú (amī́-). L’aspetto amú- deriva dall’Ac. sg. amúm, che rappresenta un antico Ac. seguito da una particella u (che indica la deixis lontana), normalizzato con la finale dell’Ac. usuale.

Come in altri pronomi, il N. sg. è aberrante: al genere animato, è asaú, dove si deve riconoscere il tema a-, il pronome sa e la particella u. Nei casi diretti del nt., si ha adás, il cui aspetto autentico è adó 143: cioè ad (finale dei pronomi nt., corroborata dal derivato avverbiale addhā́) seguito dalla particella u nella forma -o (come in átho e analoghi); adás è stato secondariamente rifatto secondo lo scambio o/as in saṃdhi. L’Ac. pl. m. è amū́n secondo i nomi m. in -u-; gli Ac. f. sono amū́m e amū́s su una base lunga amū́- che è ad amu- come diversi nomi in -ū- sono ai nomi in -u- 234 n.1. Il nt. pl. ai casi diretti, amū́ AS. funge anche da N. f. du., ibid. Ma il N. m. pl. è amī́ (pragṛhya 122), ed è questa forma (incompresa) che serve da base ai casi obliqui del pl. m., così G. amī́ṣām (finale come quella di tā́sām e analoghi). I casi obliqui del pl. sono comunque rari, quelli del du. inusitati e la flessione nt. si riduce a adás e amū́ citati sopra.

  1. Estensione della desinenza -sya in G. sg. amúṣya. L’inserimento di -sm- avviene come altrove in D. amúṣmai e analoghi.
  2. Dal tema áma- (tematizzazione di amú-?) dipende il N. sg. m. ámas di un pronome raro, usato nella formula ámo ’hám asmi sā́ tvám AS. XIV 2 74 “io sono lui, tu sei lei” (var. ámūhám TB. che conferma l’origine). È incerto se amā́ “a casa” amā́t “da vicino” sia imparentato con questa forma.
  3. Un altro allargamento del tema á- in un pronome avá-, non meno raro e parimenti associato al pronome personale: avór (G. du.) vám “di voi due (come tali)”, corrispondente a sá tvám “tu (come tale)”.

288. Ta- e analoghi. — Il pronome tá- (deittico indifferente, “quello, lui”), il più comune di tutti, ha come tema speciale, al N. sg. di genere animato, al m., sā́ al f. La forma è in competizione con la forma sigmatica sás nelle condizioni viste in 139. La flessione è quella tipicamente pronominale descritta in 284. Tutti i casi sono in uso, molti molto produttivamente; si noti ai casi diretti nt. i doppietti attesi tā́ / tā́ni come nei nomi; l’I. pl. taís è attestato in un Kh. e nell’AS. l’Ab. sg. senza allargamento tā́t è limitato all’uso avverbiale, dal Libro X.

Esiste un L. sg. sásmin derivante dalla base sá-? Il significato (“stesso”) indica un’altra appartenenza semantica.

La flessione di etá- (“questo”) è identica a quella di tá- e comprende anche lo scambio tra un N. sg. animato eṣá(s), f. eṣā́. e un tema comune etá-, cioè e (base di deixis prossima) + ta. Molti casi obliqui, in particolare quelli con allargamento -sm-, appaiono solo dopo la RS.; così anche il G. etásya AS., I. étaís AS.

Il pronome tyá- (anche deittico prossimo, spesso associato alla prima persona e più comunemente aggettivo) comprende anch’esso uno scambio syá (senza s) e syā́ (f.)/ tyá- (forme da leggere anche dissillabicamente secondo 34): figura soprattutto nei casi diretti (I. sg. f. tyā́ 285) e scompare quasi totalmente dopo la RS. (due esempi autonomi AS.).

289. Relativo. — Il tema è yá- (eccezionalmente dissillabico 34). Flessione identica a tá-, ma il tema non presenta variazione. L’unico N. sg. m. (-yás) appare più di mille volte nella RS. e tutti i casi sono ampiamente rappresentati (I. pl. yaís da AS. e Kh., per raddoppiare RS. yébhis). Il G. L. du. è yós (X), probabilmente haplologia per yáyos, attestato parallelamente.

Āmreḍita (279 n. 2) yó-yaḥ (valore indefinito) AS. III 24 2 (in correlazione con tám); su derivati di yá- si formano gli āmreḍita yáthā-yathā (…tát-tad) e yátra-yatra già dalla RS. antica. Per altre espressioni dell’indeterminato, vedi 444. In composizione, yad° dal Libro X.

290. Interrogativo. — La flessione si basa sul tema ká- ed è identica a quella di yá-, tranne che i casi diretti del nt. sg. sono più spesso in kím che in kád: cioè formati su una base kí- (51) di cui esistono altre tracce, ovvero un N. m. kís (X), astratto probabilmente dalle locuzioni nákis “nessuno; niente” mā́kis “che nessuno…”; (dove l’elemento kis è atono!); poi la particella cid (anche atona, con finale propriamente pronominale; uso 437; c- iniziale secondo 51).

  1. Si veda anche l’elemento (atono) kīm in nákīm e mā́kīm “per nulla”, con la stessa finale delle particelle īm e sīm 442; eventualmente il D. kiye (?) in kiyedhā́- 27. Infine, è la base ki- che, accanto a ka- e a ku- (389 sq.), figura in alcuni derivati 293. Come parte anteriore di composto, kim° YV. coesiste con kád° RS., ma rari entrambi. Nessun uso āmreḍita.
  2. La forma kád, che declina rapidamente dal Libro X, funziona preferibilmente come aggettivo interrogativo.
  3. Per l’espressione dell’indeterminato, vedi 444.

291. Altre forme pronominali. — Esiste un pronome tva- (atonico ed enclitico 88, tranne un esempio tonico, non iniziale, in AS; a parte questo esempio, il suo uso è limitato alla RS.) con il significato di “tale, taluno; altro”, di solito in risposta a un secondo tva- nella proposizione seguente, yúdhyai tvena sáṃ tvena pṛchai IV 18 2 “voglio combattere con uno, intendermi con l’altro”. Le desinenze pronominali sono chiare: N. pl. m. tve, D. sg. tvasmai, ecc.

néma- (limitato alla RS. e raro) ha un significato simile a tva-, con cui si combina VIII 100 3. Accanto alle desinenze pronominali, ci sono tracce, come nei nomi descritti in 292, di desinenze nominali, vale a dire nt. sg. némam (IX) e G. pl. nemānām (atonico come dipendente da un V. a sua volta atonico). In composizione, nemádhiti- “separazione, scissione”.

sama- (atonico; raro; proprio della RS. tranne il derivato samaha 390) “qualcuno, ciascuno”; nt. “tutto”, sviluppo di sa° sam. N. pl. m. same (cf. 35).

  1. Un’altra parola samá- (tonica) “lo stesso” non ha nessuna particolarità pronominale.
  2. Simá- (cf. 24) “in persona, stesso” (raro), flessione pronominale, con un L avverbiale (tonico!) símā.

292. Aggettivi pronominali. — Una serie di aggettivi con valore più o meno pronominale hanno in diverso grado delle desinenze pronominali. La parola anyá- “un altro” le ha completamente (compresi i pochi esempi attestati del derivato “diminutivo” anyaká-). Così anche víśva- “tutto” (che sottolinea gli elementi costituenti la totalità) e sárva- “id.” (che insiste sull’insieme e sull’indeterminatezza; ma sárva- sostituisce gradualmente víśva-), tranne che il nt. sg. è nominale (-[a]m) e ci sono tracce, almeno in víśva-, di finali nominali concorrenti (nella RS. antica, L. sg. víśve).

Éka- (“uno” 294) si flette come i precedenti, tranne il L. sg. isolato éke AS. XIX. Così anche ubháya- “l’uno e l’altro”, che presenta anche tracce di desinenze nominali, almeno nella RS.

  1. In samāná- “comune”, le desinenze pronominali sono limitate alla RS.; lo stesso in kévala- “solo, esclusivamente proprio” (N. pl. m. -e).
  2. I derivati in -tará- -tamá- del relativo e dell’interrogativo (293) hanno le desinenze pronominali (sg. nt. katamád e AS. katarád), almeno nella misura in cui le forme sono attestate; non esiste una forma distintiva per itara-.
  3. Si noti l’hapax yādṛ́śmin (L. sg.; verso seguente yásmin).

Diversi aggettivi di direzione hanno una flessione talvolta preferibilmente pronominale (úttara- “situato sopra” pára- “situato lontano” pū́rva- “anteriore”), talvolta preferibilmente nominale (uttamá- “molto alto” e gli aggettivi in -ara- -amá- 220): altri, forse per insufficienza di forme attestate, appaiono solo con le finali dei nomi, come ántama- “molto vicino”.

  1. Negli ordinali da “1” a “3” 299, le forme pronominali emergono successivamente alla RS., cf. ad loc.

Anche il possessivo svá- ha la flessione dei pronomi solo negli hapax svásmin (I) svásyās (IX, opposto a anyásyās). Ovunque il nt. sg. è in -(a)m. Nel complesso, non si può discernere alcuna tendenza precisa attraverso i mantra, ma l’attaccamento pronominale si rileva, nella maggior parte di questi nomi, per la natura dei procedimenti di derivazione.

293. Derivazione pronominale. — Mettendo da parte i derivati invarianti, che sono i più numerosi e i più tipici 389, così come i derivati del pronome personale 283, rimane da segnalare qui la formazione di aggettivi derivati, che sono solo in parte limitati al pronome.

Ad esempio, il suffisso -ka- diminutivo-peggiorativo 230, non limitato esclusivamente al pronome, trova tuttavia in questa categoria linguistica un terreno privilegiato, forse per contaminazione di forme nominali vicine; si tratta dell’Ac. sg. takám e (ni.) takád (I), del N. pl. yaké, sg. asakaú VS. (con un -k- che sembra un infisso); le desinenze nominali sono attestate solo nel N. pl. takās KŚŚ. XIII 3 21. Si può includere anche mámaka- 283 [iyattaká- 230].

Non sono nemmeno puramente pronominali i suffissi comparativi -tará- -tamá- che si trovano dopo yá- e ká- con il significato (a volte poco evidente) di “quale dei due?” e “quale (tra molti)?”, cf. la vicinanza di yá- e di yatamá- AS. V 29 3. Flessione 292. Stesso suffisso in ítara- “altro (in principio, di due)”, fatto sulla base deittica í- 286.

Un suffisso -ti- con valore numerativo si trova, invece, solo dopo temi pronominali: káti- “quanti?” yáti- “tanti quanti” táti- AS. [altro, íti 454]; è da accostare ai derivati numerici in -ti- 298. La finale -ti- gioca il ruolo di un N. pl. (m. o nt.), senza affissazione di desinenza: tratto notevole che riflette l’origine “numerale”.

Si ha un suffisso –(y)ant- con valore quantitativo dopo le basi í- e kí-: íyant- (f. íyatī-) “così grande, non più grande” e kíyant- (L. kíyāti 247) “quanto grande?”. Le altre basi pronominali rispondono a questa formazione con il suffisso comune -vant- con allungamento pre-suffissale 215: tā́vant- “così grande” yā́vant-, ecc., e, in doppio dei precedenti, ī́vant- e (hapax) kī́vant- [cf. anche 283].

Gli elementi °dṛś-, eventualmente °dṛśa- (post-mantrico, salvo errore) e anche, meno spiegabilmente, °dṛ́kśa- (base di aoristo?) VS., che sono propriamente membri posteriori di composto, forniscono nelle stesse condizioni dei termini precedenti pronominali con il significato di “tale”, “quale”, ecc., come īdṛ́ś- e kīdṛ́ś-. Si hanno sulla particella sa° (che fornisce sakṛ́t 391) le forme analoghe sadṛ́ś- “simile” e vísadṛ́śa- “divergente”. Fem. sadṛ́śī-

2- Forme in -(r)yàñc- (kadrī́cī RS.) e cf. 283 n.






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