īśopaniṣad 12



अन्धं तमः प्रविशन्ति येऽसम्भूतिमुपासते ।
ततो भूय इव ते तमो य उ संभूत्यां रताः ॥ १२ ॥


andhaṃ tamaḥ praviśanti ye’sambhūtimupāsate |
tato bhūya iva te tamo ya u saṃbhūtyāṃ ratāḥ ||12||

Traduzione parola per parola
Le oscure (andham) tenebre (tamaḥ) sono raggiunte (praviśanti) da coloro (ye) che onorano (upāsate) la non nascita (asaṃbhūtim)
allo stesso modo (iva) l’oscurità (tamaḥ) diviene allora (tataḥ) ancora più grande (bhūyaḥ) per coloro (te) che sono gratificati (ramaḥ) dalla nascita (saṃbūtyāṃ)

Traduzioni:

Carlo della Casa, Upaniṣad, Utet 1976
Precipitano in cieche tenebre coloro che non credono alla rinascita e in tenebre ancor più fitte, per così dire, coloro che della rinascita [soltantoJ si compiacciono 1

Louis Renou, L’Hindouisme, PUF 1951
Ils entrent dans d’aveugles ténèbres ceux qui croient en le non-savoir; dans plus de ténèbres encore ceux qui se plaisent dans le savoir.

Raphael, Upaniṣad, Bompiani 2010
In una cieca tenebra entrano coloro i quali venerano la non produzione
ma in una oscurità ancora più profonda coloro i quali, ahiloro, sono devoti alla produzione 2.
Raphael, Cinque Upaniṣad, Āśram vidya 1974

Quelli che venerano l’Immanifesto [prakriti] entrano in cieche tenebre; Quelli che sono devoti al Manifestato [Hiranyagarbha] entrano in tenebre più grandi.

Aurobindo, Sri Aurobindo Ashram Trust 2003
Into a blind darkness they enter who follow after the Non-Birth, they as if into a greater darkness who devote themselves to the Birth alone.

Pio Filippani Ronconi, Upaniṣad antiche e medie, Boringhieri 1960
Entrano nelle cieche tenebre coloro che si dedicano al non divenire [a-saṃbhūti]; in maggiori tenebre ancora coloro i quali si compiacciono nel divenire.


andham, sn. nom. sg. di andha, da √andh-, oscurità
tamaḥ sn. nom. sg. di tamas, oscurità, buio, tenebre (anche pl.)
praviśanti, vb. cl. 6 P. Ā., 3ª p. pl. pres. ind. di praviś-, entrare, andare dentro, ricorrere a, raggiungere, arrivare
ye, pron. m. nom. pl. di yad, che, il quale, la qual cosa
asaṃbhūtim sf. acc. sg. di asambhūti da sambhū-, non esistenza, distruzione
upāsate, vb. cl. 2, P. 3ª p. pl. pres. ind. di upaās- , sedersi a lato di, sedere vicino per onorare o aspettare qualcuno, onorare, riverire, rispettare


tataḥ, pron. abl. sg. di tad, da quel luogo, di là, al che, allora, in seguito
bhūyaḥ, sn. nom. sg. di bhūyas da √bhū-, che diviene, che diviene in aumento
iva, avv. così, allo stesso modo
te , pron. nom. pl. di tad, essi, quelli, questi
tamaḥ, sn. nom./acc. sg. di tamas, oscurità, buio, tenebre (anche pl.)
ye, pron. m. nom. pl. di yad, che, il quale, la qual cosa
u, congiunzione enclitica usata frequentemente nei veda, e, anche, inoltre, d’altra parte; particella che implica assenso, chiamata, comando
sambhūtyām, sf. loc. sg. di sambhūti, da sambhū-, nascita, origine, produzione
rataḥ, sm./sf. nom. pl. di rata, pas. pas.vo di √ram-, contento, lieto, gratificato

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NOTE:

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  1. Il pensiero sembra simile a quello delle str. 9-11. Negare la possibilità d’una rinascita, ossia credere che alla morte la dissoluzione siatotale e definitiva, significa concentrare ogni cura sulla vita terrena, quindi seguire quelle leggi di moralità attiva che I’Upaniṣad cerca di salvare, analogamente a quanto sarà predicato dalla Bhagavadgītā. Altra interpretazione del discusso passo potrebbe essere: non estste né dissoluzione, ossia passaggio dall’essere al non essere, né creazione, ossia passaggio dal non essere all’essere. Supera la morte (mṛtyum tīrtvā) ed entra quindi nell’immortalità soltanto colui che ravvisa la vera namra di entrambi, ossia colui che riconosce la natura eterna dell’Assoluto. 

  2. “non produzione” è lo stato causale principale prima di produrre l’effetto (avyakta); l’effetto è la manifestazione formale, lo sviluppo dell’avyakta