Marcello Meli - mahāgaurī


Mahāgaurī

Ecco l’ottava manifestazione di Durgā a cui il Prof. Marcello Meli ha dedicato un inno.

शं नो धेहि महागौरि
सौन्दर्यं तव कीर्तितम्।
जगज्जनित्रि शान्तिकृत्
प्राणिनां शरणं च हि॥



śaṃ no dhehi mahāgauri
saundaryaṃ tava kīrtitam |
jagajjanitri śāntikṛt
prāṇināṃ śaraṇaṃ ca hi ||


Traduzione dell’autore
Pace in noi poni, o Mahāgaurī,
nota è la tua bellezza,
o genitrice del mondo,
tu sei chi crea la pace,
e anche il baluardo
degli esseri viventi

Traduzione parola per parola
O Mahāgaurī (Mahāgaurī), la pace (śaṁ) concedi (dhehi) a noi (naḥ),
la tua (tava) bellezza (saundaryaṁ) [è] celebrata (kīrtitam).
O Creatrice del mondo (jagajjanitri),
[tu sei] colei che dona la pace (śāntikṛt) agli esseri viventi (prāṇināṁ)
e (ca) il [nostro] rifugio.

mahāgaurī

Mahāgaurī:

È conosciuta per la sua estrema bellezza e viene rappresentata come pura e brillante come una perla. Questo aspetto della dea Durgā simboleggia la purezza, la serenità e la tranquillità. Mahāgauri è generalmente raffigurata con quattro braccia. Due di queste sono solitamente in posizione benedicente e protettiva, mentre nelle altre tiene un tridente e un tamburo, o un damaru. La sua cavalcatura è un toro bianco, simbolo di purezza e forza. È rappresentata con abiti estremamente bianchi e ornamenti luminosi, che sottolineano il suo nome “Gauri”, che significa “bianca” o “brillante”. La sua postura è spesso calma e pacifica, raffigurando la sua natura benigna. Mahāgauri simboleggia la purezza e la redenzione. Si crede che la dea purifichi i suoi devoti dai peccati e li guidi lungo il percorso della virtù e della saggezza. La sua adorazione è associata alla liberazione e alla realizzazione spirituale, enfatizzando l’importanza della purificazione interiore.

Descrizione dell’immagine allegata:

Mahāgauri è rappresentata con quattro braccia, tratto che simboleggia i suoi poteri divini e le sue capacità. Nella mano destra tiene un tridente che rappresenta il controllo sui tre guṇa – sattva, rajas e tamas. È anche un simbolo di potenza che distrugge il male e promuove il bene. La sinistra tiene una campana (ghanta), che rappresenta la forza dell’invocazione e della preghiera. Suonare la campana è considerato un atto che invita la divinità a accettare l’adorazione e che scaccia le forze negative. L’altra mano destra è sollevata in abhayamudrā, che è un gesto di rassicurazione e protezione. Significa “Non temere” e comunica la protezione divina e la benedizione ai devoti. L’altra mano sinistra appare probabilmente in varadamudrā. È un gesto di generosità, offerta e benedizione, indicando la dea che concede desideri e favori ai suoi devoti. È raffigurata cavalcando un toro, che sta a significare sia la sua forza che il suo ruolo di madre cosmica, poiché il toro è spesso associato alla fertilità e alla forza vitale. L’aura o l’aureola che circonda la testa e la corona elaborata indicano il suo status divino e la sua regalità.

Come per gli altri inni del Prof. Meli dedicati alla navadurgā, anche il metro di questo dedicato a Mahāgaurī è anuṣṭhubh.
Il metro anuṣṭhubh è uno dei più antichi e diffusi della poesia sanscrita. Consiste di quattro righe (pāda) di otto sillabe.

śam, sm. nom. Sg. “pace”. Nel contesto di questo versetto, śaṃ è una forma del sostantivo śama, che significa “pace” o “tranquillità”. Questa forma è diversa dalla radice verbale √śam che significa “placare” o “calmare”. In questo caso, śaṃ è una forma nominale che si riferisce alla condizione o allo stato di pace, piuttosto che all’azione di placare o calmare. Nell’invocazione, śaṃ funziona come un sostantivo, ed è per questo che “pace” è la traduzione più approppriata. La forma flessa di śama al nom. è śamaḥ. śaṃ in questo contesto è una variante di śamaḥ influenzata dal saṃdhi e dalle esigenze metriche del verso.
naḥ pron. rif. dat. pl., “a noi” o “per noi”
dhehi, vb. imp. di -, 2ª p. sg., “concedere, donare, dare”. È un comando, una richiesta rivolta alla dea.
mahāgauri sf. voc. di Mahāgaurī.
saundaryam, sn. acc. sg. di saundarya-, “bellezza”
tava, pron. poss. gen. “tua”.
kīrtitam, part. pass. Ā di kīrt, commemorare, celebrare, elogiare, glorificare, si accorda con saundaryam
jagajjanitri sf. voc. è un composto che significa “madre del mondo” o “generatrice del mondo”. jagat significa “mondo” e janitri deriva da “jan”, che significa “generare”.
śāntikṛt-, agg. nom. sg. “colei che dona la pace”,
prāṇinām, sn. gen. pl. di prāṇin, esseri viventi. si riferisce agli esseri per cui la dea è rifugio.
śaraṇam, sm. acc. sg. “rifugio”
ca, cong. “e”.
hi, ptc. enfatica, certamente, infatti


Nota : śaṁ no si trova anche nella taittirīya upaniṣad, in questo verso śaṁ no mitraḥ śaṁ varuṇaḥ ma con significato diverso – “a noi siano propizi mitra e varuṇa” … La differenza nella traduzione di śaṃ in questi due contesti, il versetto di Meli e la Taittirīya Upaniṣad, è influenzata principalmente dal contesto e dall’uso specifico nel testo. Nel versetto di Meli (śaṃ no dhehi mahāgauri): śaṃ è usato in un contesto di benedizione o preghiera, dove l’invocazione è diretta a una divinità (in questo caso, Mahāgaurī) per chiedere pace o benedizioni. Qui, śaṃ viene naturalmente interpretato come “pace”, che è uno dei significati più diretti di questa parola in sanscrito. Nella Taittirīya Upaniṣad (śaṁ no mitraḥ śaṁ varuṇaḥ): Questa frase è anch’essa una benedizione, ma qui śaṃ si riferisce a un desiderio di benevolenza o armonia da parte degli dei Mitra e Varuṇa. In questo contesto, śaṃ assume un significato più ampio di benevolenza o buona volontà. L’Upaniṣad tende ad avere un livello più elevato di astrazione e simbolismo, quindi le parole possono assumere sfumature più profonde o simboliche. La differenza nelle traduzioni riflette la flessibilità del sanscrito in termini di significati contestuali. śaṃ può significare “pace”, “benevolenza”, “armonia”, o “bene”, a seconda del contesto. Nel primo caso, la preghiera è più focalizzata sulla pace personale o spirituale, mentre nel secondo, l’enfasi è sulla benevolenza universale e l’armonia cosmica. Questo esemplifica la ricchezza e la varietà di significati che una singola parola sanscrita può assumere in diversi contesti.


I samāsa (nomi composti):

mahāgauri

mahāgaurī è un esempio di karmadhāraya samāsa. Il primo elemento del composto qualifica il secondo, e entrambi gli elementi sono sostantivi o aggettivi. Nel composto “mahāgaurī”: Mahā significa “grande”. Gaurī” è un nome della dea Parvatī, che indica una forma particolare. Quindi, mahāgaurī significa “Grande Gauri” o “Gauri la Grande”, dove mahā qualifica gauri, indicando una forma magnifica o elevata della dea. In questo composto, il significato di mahā (grande) è combinato direttamente con Gauri per formare un attributo o una descrizione unica della dea.

jagajjanitri

jagajjanitri è un esempio di bahuvrihi samāsa. Un bahuvrihi samāsa è un tipo di composto che non si riferisce direttamente a nessuno dei suoi componenti, ma piuttosto a qualcosa che possiede o è caratterizzato da quei componenti. Nel composto jagajjanitri: Jagat significa “mondo”. Janitri deriva da jan, che significa “generare”, “creare”. janitri significa “generatrice”, “madre”. Quindi, jagajjanitri si riferisce a “colei che ha generato il mondo” o “la madre del mondo”. Tuttavia, la dea stessa non è né jagat (mondo) né janitri (generatrice) nel senso letterale. Invece, il composto descrive qualcuno caratterizzato dall’aver generato il mondo, che in questo caso è una divinità, tipicamente associata a Durgā o Parvatī. In breve, in un bahuvrihi samāsa, il significato del composto si riferisce a un terzo soggetto, che possiede o è qualificato dalle qualità espresse dai componenti del composto. Questo tipo di composto è spesso usato nella mitologia e nella letteratura sanscrita per descrivere qualità o attributi divini.

śāntikṛt

śāntikṛt è un karmadhāraya, che è un tipo di tatpuruṣa. Il primo elemento del composto funge da aggettivo qualificativo e il secondo elemento è il sostantivo principale. In “śāntikṛt”: Śānti significa “pace”. kṛt deriva dalla radice kṛ, che significa “fare”, “creare”. Quindi, śāntikṛt significa “colei che crea o dona pace” In questo composto, śānti agisce come aggettivo che qualifica kṛt, indicando una persona o entità che crea o instaura la pace. Questo tipo di composto è comune nel sanscrito per formare descrizioni concettuali o attributi.

< >