Grammatica sanscrita

La particella iti

La particella iti

Il Dizionario sanscrito italiano a cura di Saverio Sani, ETS, così la descrive.

  1. avv. 1. in questo modo, così (nel suo significato originario iti si riferisce a qualcosa che è stato detto o pensato, oppure pone l’accento su ciò che precede).
  2. così (indica che le parole precedenti sono proprio le parole che qualcuno ha o può avere detto; posto alla fine di un discorso ha la stessa funzione delle virgolette);
  3. talvolta iti è usato per includere sotto un’unica intestazione un numero di oggetti messi insieme;
  4. iti è spesso seguito pleonasticamente da evam, iva o da un pronome dimostrativo;
  5. iti può formare un composto avverbiale con il nome di un autore (p.e. itipāṇini “così secondo Pāniṇi”);
  6. iti può esprimere l’atto di richiamare l’attenzione;
  7. iti può avere altri significati, p.e. qualcosa di aggiuntivo, un ordine, un particolare o preciso ordinamento, un’identità.

Cerchiamo di analizzare questa particella molto usata e che svolge diverse funzioni importanti nel testo.

1. Sottolinea o conclude un’affermazione.

2. Indica discorso diretto o citazione.

Nel suo uso più basilare e originario, iti funge da indicatore che qualcosa è stato detto o pensato, o pone l’accento su ciò che precede. Questo uso fa di iti uno strumento linguistico essenziale per segnalare la fine di una citazione diretta o per enfatizzare una dichiarazione o un pensiero particolare. Attraverso iti, il parlante o lo scrittore può chiaramente demarcare i confini di un discorso riportato o di un concetto significativo, invitando il lettore o l’ascoltatore a prestare particolare attenzione a quella parte specifica del testo.

Una delle sue applicazioni principali è segnalare la fine di un discorso diretto o di una citazione. In questo contesto, iti funziona come un marcatore che chiude una frase o una dichiarazione riportata, equivalente all’uso delle virgolette in italiano per indicare che ciò che precede è stato detto o pensato da qualcuno. In altre parole, iti può essere tradotto con “così”, “dice”, o “egli/ella ha detto”.

Funzioni di iti:

  • Come menzionato, iti chiude una citazione diretta. Se qualcuno dice “Il cielo è azzurro”, in sanscrito potrebbe essere riportato come akāśaḥ nīlaḥ iti.
  • iti può anche indicare la fine di un pensiero o di una nozione espressa, non necessariamente in forma di dialogo diretto.
  • Utilizzato per strutturare il discorso, iti aiuta a distinguere tra la narrazione e le parole o i pensieri dei personaggi o dell’autore.
  • iti può servire a chiarire o enfatizzare che ciò che viene dopo è un’interpretazione, un commento, o una precisazione di quanto detto precedentemente.

Esempio:

kṛṣṇaḥ uvāca dharmakṣetre kurukṣetre iti |

kṛṣṇa disse, “nel campo del dharma, nel campo dei kurus” (così).

In questo esempio, iti segnala che la citazione “nel campo del dharma, nel campo dei Kurus” è stata pronunciata da Kṛṣṇa.

Nella frase
rudaṃ saṃsāraduḥkhaṃ drāvayatīti rudra iti kecit |
Alcuni (kecit) dicono (iti) che Egli è chiamato Rudra (rudra iti) perché allontana (drāvayati) il dolore (duḥkham) dell’esistenza transitoria (saṃsāra) che è pianto (rudam). Qui iti viene utilizzato due volte, ciascuna con una funzione specifica nel contesto della frase.

Analizziamo il suo uso passo dopo passo:

drāvayatīti: Questo primo iti segue immediatamente il verbo “drāvayati” (allontana), chiudendo l’affermazione relativa all’azione di Rudra, ovvero l’allontanamento del dolore dell’esistenza transitoria (saṃsāra) che è pianto (rudam). In questo contesto, iti viene utilizzato per segnalare la fine di una citazione diretta o di una dichiarazione significativa.
Quindi iti come chiusura di una citazione o enfasi su ciò che è stato detto. Serve a evidenziare l’azione attribuita a Rudra e sottolinea l’affermazione che segue come una spiegazione del perché Egli riceve il nome di Rudra.

rudra iti kecit: Il secondo iti si trova ta “rudra” e “kecit” (alcuni). In questo caso, iti funge da dispositivo per introdurre la dichiarazione o l’opinione espressa da “alcuni” riguardo al nome di Rudra. Serve a indicare che quanto precede (l’intera affermazione sull’allontanamento del dolore come ragione per cui Egli è chiamato Rudra) è riportato o sostenuto da “alcuni”.

Quindi qui iti viene impiegato per attribuire l’affermazione a una fonte esterna o a un gruppo di persone, enfatizzando che si tratta di un’opinione o di una credenza condivisa da alcuni.

In conclusione, i due utilizzi di iti nella frase servono scopi diversi ma complementari: il primo chiude e sottolinea un’importante affermazione sull’azione di Rudra, mentre il secondo attribuisce questa interpretazione del nome di Rudra a “alcuni”, confermando che si tratta di una visione condivisa o di una tradizione riportata.

3. Raggruppa elementi sotto un unico tema.

iti può fungere da strumento per raggruppare o enumerare sotto un’unica categoria o intestazione una serie di elementi o concetti. Questo uso di iti può essere paragonato all’uso delle virgolette o dei due punti in italiano per introdurre un elenco o una serie specifica di oggetti, idee o attributi che vengono considerati insieme come un’unità o un insieme coeso.

Quando iti viene utilizzato in questo modo, agisce come un marcatore che chiude l’elenco o la serie, indicando che quanto segue è da considerarsi come un gruppo unitario o come un insieme di elementi che rientrano sotto una comune intestazione o categoria. Questo può essere particolarmente utile in testi che trattano di concetti filosofici, religiosi o di classificazioni dove è importante stabilire chiaramente i confini di una categoria o di un gruppo.

Esempio: Supponiamo di avere una frase che elenca diverse qualità di una divinità. In sanscrito, potrebbe apparire qualcosa come:

karunā, prajñā, sarvaśaktimatva, iti rudrasya guṇāḥ santi |
Compassione (karuṇā), saggezza (prajñā), onnipotenza (sarvaśaktimatva), sono (santi) le qualità di Rudra (rudrasya).”

In questo esempio, iti viene utilizzato per segnalare che le parole o i concetti che precedono (compassione, saggezza, onnipotenza) devono essere considerati insieme come un insieme completo di qualità che descrivono la divinità menzionata.

La funzione di iti in questo contesto è quindi duplice:

  • Delimitare l’elenco: segnala la fine dell’elenco o della serie, fungendo da delimitatore che racchiude gli elementi specificati.
  • Creare un’unità concettuale: Aiuta a concettualizzare l’elenco come un’entità unitaria o come un insieme di attributi che collettivamente caratterizzano il soggetto in discussione.

Questo uso di iti contribuisce alla flessibilità e alla precisione , permettendo agli autori di organizzare e presentare complessi insiemi di idee in maniera chiara e strutturata.

4. Usato con “evam”, “iva”, per rinforzo.
Quando iti è seguito da evam, iva, o da un pronome dimostrativo, questo uso serve a enfatizzare o chiarire ulteriormente il contenuto di ciò che è stato detto prima di iti. Questi elementi possono fungere da rinforzo o da comparazione, arricchendo il significato del discorso o della narrazione.

  • iti evam: evam significa “così” o “in questo modo”. L’uso di evam dopo iti serve a riaffermare o a sottolineare la veridicità e l’accuratezza di ciò che è stato detto, quasi come dire “è esattamente così”.
  • iti iva: Iva significa “come” o “così come”. Questa costruzione viene utilizzata per fare paragoni o analogie, indicando che ciò che è stato affermato prima di iti può essere compreso o considerato alla stregua di un altro concetto noto.
  • Uso con pronomi dimostrativi: L’inclusione di pronomi dimostrativi dopo iti (ad esempio, iti etat che significa “così questo”) specifica o identifica direttamente l’oggetto o il concetto di cui si sta parlando, evidenziando o puntualizzando l’argomento trattato.

Esempio:

brahmā sarvasṛṣṭir iti evam |
“Così, Brahmā è il creatore di tutto”. L’uso di iti evam serve a sottolineare e confermare l’affermazione riguardo al ruolo di Brahmā nella creazione.

5. Forma composti, indicando fonte o conformità.

iti può effettivamente formare un composto avverbiale con il nome di un autore o di una figura di autorità per indicare che l’informazione o l’affermazione seguente è in accordo con gli insegnamenti o le opere di quella persona. Questo uso di iti serve a attribuire la fonte o a riconoscere l’autorità dietro un certo punto di vista, concetto o regola menzionata.

Quando iti è combinato con il nome di un autore, come in itipāṇini, il composto si traduce letteralmente in “così secondo Pāṇini”, indicando che quanto affermato riflette l’interpretazione, l’insegnamento o la regola come documentato o sostenuto da Pāṇini.

Esempio:
sanskṛte sarvanāmasthāne ekavacanaṃ dvivacanaṃ ca bhavati itipāṇini |
“In sanscrito, i casi nominativi possono essere singolari o duali, così secondo Pāṇini”. Qui, itipāṇini serve a specificare che questa regola grammaticale si basa sull’autorità degli insegnamenti di Pāṇini.

Questo uso di iti con il nome di un’autorità:

  • Attribuisce credito: chiaramente attribuisce l’origine di un’idea, una regola o un insegnamento all’autorità citata, fornendo un contesto e una fonte per l’affermazione.
  • Rafforza l’argomentazione: citare un’autorità riconosciuta come Pāṇini (o altri autori, filosofi, saggi) aggiunge peso e credibilità alla proposizione o all’argomentazione presentata.
  • Facilita la riferibilità: Rende più facile per i lettori o gli ascoltatori identificare e riferirsi agli insegnamenti originali o alle opere dell’autorità citata per ulteriori studi o chiarimenti.

6. Serve a richiamare l’attenzione su un punto importante.

iti può essere utilizzato anche per esprimere l’atto di richiamare l’attenzione. In questo contesto, funziona come un dispositivo retorico o narrativo per attirare l’attenzione del lettore o dell’ascoltatore su un punto particolarmente importante, una dichiarazione significativa o un cambio di tema. Questo uso enfatizza l’importanza di ciò che segue o precede iti, segnalando che l’informazione è degna di considerazione o riflessione.

Esempio:
Immaginiamo un testo o un discorso che intenda sottolineare un insegnamento morale o spirituale fondamentale. L’autore potrebbe introdurre questo insegnamento con iti, quasi come se dicesse “fate attenzione a questo” o “considerate questa verità”. Un esempio potrebbe essere: aham brahmāsmi iti |
“Io sono Brahman”, così [si deve comprendere/ricordare].

In questo esempio, iti segnala che la dichiarazione “Io sono Brahman” è un principio centrale da cogliere, invitando il lettore o l’ascoltatore a prestare particolare attenzione a questa affermazione filosofica.

Questo uso di iti serve diversi scopi:

  • Enfasi: Rinforza l’importanza di una certa parte del discorso o del testo, distinguendola come meritevole di attenzione speciale.
  • Guida: Agisce come un segnale per il lettore o l’ascoltatore, indicando che quello che segue o precede è cruciale per la comprensione del messaggio globale o dell’argomento trattato.
  • Strutturazione: Aiuta a organizzare il discorso o il testo, creando punti di sosta che delineano i concetti chiave o le transizioni tra diverse sezioni o idee.

7. Esprime aggiunta, ordine, specificità, identità.

La particella iti in sanscrito è notevolmente versatile e può assumere diversi significati o funzioni a seconda del contesto in cui viene utilizzata. Oltre ai significati già discussi, iti può effettivamente esprimere concetti quali aggiunta, ordine, specificità, o identità. Questa flessibilità permette di utilizzare iti in un’ampia gamma di contesti per ottenere effetti retorici o narrativi specifici. Vediamo alcuni esempi di questi ulteriori usi:

  1. Qualcosa di aggiuntivo: iti può segnalare l’aggiunta di informazioni o di elementi che completano o espandono ciò che è stato precedentemente detto, funzionando in modo simile a “inoltre” o “oltre a ciò”.
    dharmo rakṣati rakṣitaḥ iti, satyaṃ vada
    “Il Dharma protegge coloro che lo proteggono, inoltre, parla la verità.”
  2. Ordine o sequenza: iti può essere usato per indicare un ordine o una sequenza di eventi, concetti o elementi, suggerendo un flusso logico o una progressione.
    sṛṣṭiḥ sthitiḥ saṃhāraḥ iti kramaḥ “Creazione, preservazione, distruzione, così è l’ordine.”
  3. Particolare o preciso ordinamento: Quando iti viene utilizzato per introdurre un elenco o una serie di elementi, può implicare un ordine particolare o significativo, suggerendo che l’arrangiamento degli elementi non è casuale ma segue una logica precisa o risponde a criteri specifici.
  4. Identità: In alcuni contesti, iti può servire a stabilire o confermare l’identità di un soggetto o di un concetto, equivalente all’uso di “cioè” o “vale a dire” per chiarire o definire più precisamente un’idea.
    tat tvam asi iti mahāvākyaṃ “Tu sei quello, questo è il grande detto (cioè l’identità dell’individuo con il Brahman).”

In queste frasi, iti funge da strumento per enfatizzare l’aggiunta di un concetto, indicare una sequenza o un ordine specifico, o chiarire l’identità o il significato preciso di un’idea.



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