sūnṛtā

Études sur le vocabulaire du ṛgveda par Louis Renou

sūnṛtā 1

(da Études sur le vocabulaire du ṛgveda par Louis Renou, institut français d’indologie, Pondichéry, 1958, p.8-10)

[Nelle note del traduttore, le definizione dei termini usati è tatta da Saverio Sani, a cura di, Dizionario Sanscrito, Edizioni ETS, 2009]

L’uso, a prima vista, è molto analogo a quello di dhiṣáṇā 2. e soprattutto di púraṃdhi3: le formule sono le stesse osservate attorno a quest’ultima parola: quindi la personificazione (es. I. 40, 3), il rapporto con il dio Vāyu ( come ispiratore), con Bhaga. Come púraṃdhi, il vocabolo designa il “dono”, la “liberalità”; come púraṃdhi, è un elemento che accompagna un’attività che conduce dagli dèi agli umani, o viceversa da loro agli dèi 4.

La traduzione “dono” non è sempre sufficiente: il “dono” stesso o rādhas5 non è forse chiamato sūnṛtāvant I. 82, 1, il che suggerisce che sūnṛtā implicava qualche altra sfumatura? Questa sfumatura non è difficile da scoprire. L’accostamento (come in púraṃdhi) di sūnṛtā con Sarasvatī (come dea dell’Ispirazione) I.3,11; con gír 6 I.30, 5 (e stotrá 7, ibid.) III.31,18; con manas 8 I.134, 1; con dhī 9 X. 39, 2; con stóma 10 X. 61, 25; per non parlare di púraṃdhi medesimo I.123, 6 X.39, 2; – parla di sé stessa, sembra. Quindi, anche in questo caso, si tratta di questo “dono” speciale che costituisce l’ispirazione, la facoltà poetica conferita a certi esseri umani dagli dèi o attribuita agli dèi nella reciprocità universale della fraseologia vedica. In modo meno diretto, la vicinanza di sūnṛtā (come vocativo maschile) e cítra 11 o cetiṣṭha 12 (epiteti di Indra) VIII.46, 20 sottolinea la stessa tendenza. In alcuni versi, si ha la sensazione che la traduzione di “dono” sia inoperante, che “ispirazione” fornisca un significato di gran lunga preferibile. L’immagine delle sūnṛtā di Indra che “danzano come le acque”, VIII.13, 8 è appropriata a questo dominio semantico, tanto più che il verso precedente era un auto-incitamento del poeta a comporre la sua opera. Degna di nota è anche la formula “rinforza (Indra) attraverso le sūnṛtā !” I .125, 3. L’ispirazione si presenta come una visione improvvisa, che coincide con la consacrazione dell’atto rituale, vi sūnṛtā dadṛśe rīyate ghṛtám I.135, 7 “ la sūnṛtā si è mostrata, il burro scorre”. È colei che si trova, in uno stato di semi-personificazione, “alzandosi, colei che sa” et “seguendo il pensiero (del dio Vāyu)”, ūrdhvā te ánu sūnṛtā mánas tiṣṭhatu jānatī I .134, 1: non è forse questa l’immagine stessa del dono poetico « eminente”, fatto di “conoscenza”, e del quale il dio Vāyu è uno dei promotori? La tipica parola ūrdhvá 13 si trova in una formula che ora illumina la precedente, ūrdhvā hi tesahásrā sūnṛtā śatā jaritṛbhyo vimáṃhate VIII.45,12 “la tua sūnṛtā (o Indra), vestita di tutto punto, distribuisce ai cantori centinaia, migliaia (di favori)”: indubbiamente sūnṛtā si riferisce qui alla generosità del dio, ma più che altro all’impulso che egli dà alle preghiere, che generano esse stesse beni materiali. Una formula simile è quella di X .104, 5, in cui si parla degli “elogiatori” che, grazie alle tue sūnṛtā, o Indra, hanno ottenuto un aiuto molto generoso, (permettendo loro) di raggiungere la meta (máṃhiṣṭhām ūtíṃ vitíre dádhānāḥ stotāra indra táva sūnṛtābhiḥ): non è forse un’allusione alle giostre letterarie, in cui l’ispirazione emanata dal dio assicura proprio il successo? La radice √piś- 14 « decorare, cesellare” VIII.19,22 si presterebbe bene a notare il lato “alaṃkāra15 della poesia vedica, yáḥ piṃśáte sūnṛtābhiḥ suvīryam agniḥ “ Agni che adorna di poemi la nobile assemblea degli uomini”. Un altro passo offre l’epiteto jávanī 16 “rapido” legato a sūnṛtā I.51,2: queste “poesie veloci” esprimono senza dubbio l’improvvisazione, la manojavá 17 (come si dice altrove, la “velocità di pensiero”), che sono la caratteristica di queste gare.

Nel versetto I.113, 18, l’autore prega Uṣas affinché conceda al sacrificatore una lunga vita, il diritto di “raggiungere le albe cariche di mucche e uomini”, e aggiunge “quando le sūnṛtā, (veloci) come il vento, escono cantando” (vāyór iva sūnṛtānām udarké) : con un’affabulazione presa in prestito dal mito delle mucche prigioniere, quelle che Bṛhaspati fece “uscire” dalla caverna, è ancora una volta l’ispirazione sacra a cui l’autore mira; udarká sarà, inoltre, nel linguaggio liturgico, il nome di un elemento poetico; il paragone con il vento è legato, da un lato, all’epiteto jávanī precedentemente citato, dall’altro, evoca, ancora una volta, la parentela tra Vāyu e le sūnṛtā (cfr. le osservazioni di Oldenberg Noten, ad loc.).

Un passo altrettanto difficile (cfr. Oldenberg Noten), che sarebbe decisivo se si avesse la certezza di sentirlo correttamente, è il X.61,25, dove l’autore, ricordando il piacere che ha provato nel dare forma alla sua opera (stómaṃ jujuṣé), invita Indra a “rendere giustizia alla sua ispirazione” (dāśat sūnṛtāyai). Infine, il v. I.121,14 chiede alla divinità beni materiali (vāja) e aggiunge che questa preghiera è fatta íṣe śrávase sūnṛtāyai, cioè “per la prosperità, per la fama, per il successo poetico”, C’è qui il riflesso della divisione tripartita delle attività: economiche, politiche, religiose, quindi in ordine crescente (il “successo poetico” è strettamente legato all’organizzazione del culto).






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  1. Nota del traduttore (ndt.): sūnṛtā-, sf. contentezza, gioia, esultanza, canto di gioia, giubilo; verità (opp. a anṛta-) personificata come una dea. 

  2. Ndt.: dhiṣaṇā-, sf. conoscenza, intelligenza (generalmente ifc.), discorso, lode, inno 

  3. Ndt.: puraṃdhi-, agg. prolifico, non sterile (lett. e fig.), generoso, munifico, liberale; sf. donna, moglie; generosità, munificenza, gentilezza (dimostrata dagli dei nei riguardi degli uomini) 

  4. Si ammetterà che la base nṛ (nar) originariamente significava “forza”, come sostenne Kuiper (approvato Bai1⁄2eyJRAS. 1953 p. 106) in Med. Ned. Ak. 1951, ma a condizione di concludere immediatamente che tale significato è scomparso nell’attuale semantica del RV. L’interpretazione etimologica di “nobiltà, come “atto di una persona di cuore” (Oldenherg ZDMG. 50 p. 433) fornisce solo un punto di partenza specifico. Il vero significato è “dono” e nient’altro. L’occasionale funzione aggettivale, come epiteto nel vocativo di Uṣas o (in hapax) di Indra (anche nel composto aśvasūnṛte “generoso in cavalli”), non ci obbliga a stabilire un sūn ta aggettivo: è l’aggettivazione “momentanea” di un sostantivo astratto, fenomeno banale (Dehrunner Nominalsuffix p. 589). 

  5. Ndt.: rādhas-, sn. favore, gentilezza, dono, regalo, munificienza, generosità 

  6. Ndt.: gir-, agg. che invoca, che si rivolge a, che glorifica 

  7. Ndt.: stotra-, sn. lode, elogio, inno di lode 

  8. Ndt.: manas-, sn. mente, intelletto, intelligenza, comprensione, percezione, discernimen to, coscienza, volontà 

  9. Ndt.: dhī-, 1. sf. visione, pensiero, pensiero religioso, intuizione, meditazione, devozione, preghiera; 2. splendore (RV III.34,5; VI.3,3) 

  10. Ndt.: stoma-, sm. lode, elogio, inno 

  11. citra-, agg. notevole, eminente, eccellente, distinto; luminoso, chiaro 

  12. cetiṣṭha-, agg. molto premuroso verso (gen.); molto visibile o vistoso 

  13. ūrdhvá-, agg. che sale o tende verso l’alto, sollevato, eretto, alto, al di sopra 

  14. piś-, vb. cl. 6 P., scavare, intagliare, formare, foggiare, modellare 

  15. alaṃkāra-, sm. decorazione, oranamento; figura retorica 

  16. jávana-, agg. veloce, spedito, agile 

  17. manojavá-, sm. velocità del pensiero